09 maggio 2019 12:33

La buona notizia è che siamo ancora in tempo. “Non è troppo tardi per agire”, era il titolo d’apertura del quotidiano francese Le Monde del 7 maggio. Il giorno prima, a Parigi, la Piattaforma intergovernativa scientifico-politica sulla biodiversità e sui servizi degli ecosistemi (Ipbes) ha reso pubblico il suo ultimo studio. Un milione di specie animali e vegetali, vale a dire una su otto, rischia di sparire in breve tempo dalla faccia della Terra e dal fondo degli oceani. Per il nostro pianeta potrebbe diventare la sesta estinzione di massa.

Le cause della drastica riduzione della biodiversità sono tutte di origine umana: distruzione e frammentazione degli habitat naturali, sfruttamento non sostenibile di piante e animali, cambiamento climatico, inquinamento degli ecosistemi con i rifiuti, i pesticidi e le plastiche, proliferazione delle specie invasive.

Non è giustificabile in nessun modo, scrive Le Monde, che un’unica specie, la nostra, si arroghi il diritto di vita e di morte su tutte le altre. Anche perché l’umanità stessa è parte integrante della biodiversità, e ne condivide un destino comune: oltre il 75 per cento delle colture alimentari dipendono dall’impollinazione, quattro miliardi di individui si curano con medicine di origine naturale, due miliardi di persone hanno bisogno di legna per riscaldarsi o per cucinare, la qualità dell’aria che respiriamo, dell’acqua che beviamo e della terra che ci nutre dipende dalla buona salute di tutti gli ecosistemi.

Il rapporto dell’Ipbes è il risultato del lavoro, durato tre anni, di 145 esperti ed è basato su migliaia di studi scientifici. Il testo integrale, di 1.500 pagine, uscirà nei prossimi mesi. Per ora ne è stata pubblicata una sintesi di quaranta pagine per i responsabili politici, con raccomandazioni di fondo e suggerimenti concreti.
Che si possono riassumere così: se vogliamo salvare il pianeta, dobbiamo rimettere in discussione il sistema economico in cui viviamo.

Questo articolo è uscito sul numero 1306 di Internazionale. Compra questo numero|Abbonati

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it