25 ottobre 2012 14:00

Alfredo Macchi, Rivoluzioni spa

Alpine studio

A cura di osservatorio­iraq.it, Cronache di una controrivoluzione

Edizioni dell’Asino

A quasi due anni dalle primavere arabe molte domande rimangono ancora senza risposta. Per capire se le speranze accese dai cambi di regime del 2011 siano destinate a realizzarsi bisognerà aspettare, ma nel frattempo disponiamo di parecchie letture per farci un’idea di cosa sia effettivamente successo in quell’anno.

Non tutti gli autori però danno lo stesso peso ai vari elementi in gioco. Qualcuno, come Alfredo Macchi, ritiene che a far cadere i regimi dispotici di Tunisia, Egitto e Libia siano stati principalmente il progetto statunitense per la creazione di un nuovo spazio di penetrazione in Medio Oriente e l’interesse delle monarchie del Golfo a far trionfare l’islam moderato.

Altri, come gli studiosi raccolti intorno al sito osservatorioiraq.it, offrono un quadro più sfaccettato e spiegano come all’origine delle rivolte ci sia stato il progressivo ampliarsi del malcontento dovuto all’aumento della diseguaglianza, della disoccupazione e dell’esclusione sociale.

Quello che emerge con chiarezza dalle diverse analisi è, da un lato, l’alto livello di corruzione, violenza e malfunzionamento raggiunto dai regimi di Ben Ali, Gheddafi e Mubarak, tutti sostenuti dall’occidente; dall’altro, la loro profonda compenetrazione con istituzioni strategiche come l’esercito e la polizia, che oggi, in molti casi, giocano ancora un ruolo importante.

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