20 luglio 2021 17:38

Wolf Biermann
In due dittature
Il Canneto, 330 pagine, 24 euro

Wolf Biermann (Amburgo 1936) fu una sorta di Bob Dylan europeo negli anni pesanti della guerra fredda. Il padre comunista morì ad Auschwitz e lui si stabilì ragazzino nella Repubblica Democratica Tedesca, una fuga al contrario che inseguiva un sogno di vendetta. A est trovò Brecht e ne fece il suo maestro, legandosi a un’opposizione interna al regime che passò molti guai, e quando tornò a ovest per un concerto gli fu negato il ritorno a casa.

Questa storia è narrata minuziosamente in una memoria piena di fatti, di personaggi e d’ingiustizie, subite o viste da una parte e dall’altra, e infine di canzoni, coraggiose e bellissime. Meglio di un romanzo e all’altezza delle opere di Christa Wolf, Sarah Kirsch, Heiner Müller e altri. Ecco un grande poeta: “Non ci toglieranno il buonumore. / E neppure il nostro dolore”, cantava, e molte canzoni interrompono questa narrazione minuziosa e appassionante anche nel suo narcisismo, confermato dal bel dialogo con Joan Baez. Una storia che è anche storia d’Europa e d’Italia (seguiva la cronaca italiana, e gli piacque assai Berlinguer). L’ottima cura è di Alberto Noceti, come quella delle Otto lezioni per un’estetica della canzone e della poesia (da consigliare agli aspiranti cantautori, ma non solo). Entrambi i libri sono pubblicati da una piccola e ardita editrice genovese.

Questo articolo è uscito sul numero 1418 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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