09 febbraio 2015 16:33

Angela Merkel è cresciuta nella Repubblica Democratica Tedesca e parla correntemente russo. È la cancelliera della Germania unita da dieci anni, e per tutto questo tempo si è trovata a negoziare con il presidente russo Vladimir Putin su una grande varietà di questioni. Nell’ultimo anno si è parlato soprattutto di Ucraina. Probabilmente Putin e Merkel non si piacciono, ma di sicuro si conoscono bene.

Sentite cosa ha detto Merkel a proposito del dibattito in corso al congresso statunitense, nell’esercito e addirittura alla Casa Bianca riguardo alla possibilità di inviare aiuti militari diretti al governo ucraino. “Non posso immaginare una situazione in cui un miglioramento dei mezzi a disposizione dell’esercito ucraino possa impressionare Putin al punto di convincerlo di poter essere sconfitto al livello militare”, ha spiegato la cancelliera. “Devo essere sincera”.

Qualcuno pensa davvero che Merkel abbia torto? C’è una sola persona sana di mente convinta che Putin si farebbe prendere dal panico se scoprisse che gli Stati Uniti inviano “armi difensive” (equipaggiamenti anticarro, radar per rilevare postazioni di artiglieria e simili)? Se la riposta è no, allora i discorsi sugli aiuti militari sono solo stupidaggini.

Nessuno negli Stati Uniti pensa di inviare carri armati e caccia all’avanguardia, né tantomeno soldati statunitensi. Il segretario di stato John Kerry sta valutando la possibilità di inviare sofisticate “armi difensive” a un esercito che non è nemmeno capace di utilizzare al meglio le armi di cui dispone. I soldati ucraini sono male addestrati, mal gestiti e controllati da un governo tanto incompetente quanto corrotto.

Questo esercito potrà anche ottenere qualche vittoria contro le improvvisate milizie delle repubbliche ribelli di Donetsk e Luhansk, ma se le truppe ucraine e i vari battaglioni di volontari cominciassero davvero a prevalere, i russi manderebbero qualche migliaio di soldati ben addestrati e non avrebbero difficoltà a respingerli.

È già successo ad agosto e sta succedendo di nuovo. Mettere “armi difensive” più avanzate in mano agli ucraini non servirà a cambiare le cose, e a Washington lo sanno benissimo. La proposta americana è chiaramente simbolica e non è accompagnata da nessuna strategia.

Naturalmente anche il timore di Putin di un complotto occidentale per far entrare l’Ucraina nella Nato è del tutto irrazionale. Se davvero pensa che paesi come Francia e Germania accoglierebbero l’Ucraina nella Nato, impegnandosi così a entrare in guerra con la Russia per difenderla, allora il presidente russo è assai male informato.

Putin è fuori della realtà se prende sul serio gli anacronistici discorsi dei suoi generali sull’importanza strategica dell’Ucraina. Siamo nel 2015, non nel 1945. La Russia dispone di moltissime testate nucleari. Non ha nessuna importanza quanto i carri armati della Nato sono vicini al confine russo, perché il deterrente nucleare funzionerebbe comunque.

Inoltre il Cremlino non ha motivo di preoccuparsi dell’esempio che un’Ucraina democratica e prospera offrirebbe al popolo russo, perché il reddito degli ucraini è molto più basso di quello dei russi (grazie soprattutto al petrolio e al gas) e l’occidente non ha alcuna intenzione di versare denaro nelle casse di Kiev in quantità sufficienti da cambiare le cose. Inoltre, anche se l’Ucraina è più democratica della Russia, il suo governo è altrettanto corrotto.

In realtà le motivazioni di Putin sono esclusivamente emotive. Il suo uomo a Kiev è stato rovesciato, e il presidente russo non ama perdere la faccia. L’Ucraina, anche se non è particolarmente importante dal punto di vista strategico o economico, ha comunque fatto parte della Russia per trecento anni, e Putin non può accettare che scivoli in mano all’occidente. Come tutti i russi, il presidente ha ereditato una forte paranoia (storicamente più che giustificata) sulle malvagie intenzioni degli occidentali.

Niente di tutto ciò giustifica una guerra in Ucraina, per non parlare di uno scontro militare con l’occidente o di una nuova guerra fredda. Forse se gli Stati Uniti riempissero gli ucraini di soldi e armi e mandassero anche i loro soldati, Putin potrebbe davvero fare un passo indietro anche se questo significherebbe assumersi un rischio enorme.

Ma che senso ha la consegna simbolica di un pugno di “armi difensive”, soltanto per far sentire meglio gli americani? Certo, non c’è il rischio di una reazione sproporzionata della Russia, ma sarebbe comunque un passo concreto verso una nuova guerra fredda che non produrrebbe nessun risultato positivo.

È per questo che venerdì Angela Merkel e il presidente francese François Hollande si sono recati a Mosca: per tagliare fuori Kerry negoziando un nuovo cessate il fuoco (o ripristinando il vecchio) in Ucraina orientale. L’11 febbraio la cancelliera e Hollande incontreranno Putin e il presidente ucraino Petro Porošenko a Minsk nella speranza di ottenere questo risultato.

Nel migliore dei casi, Kiev perderebbe il controllo di altre due province (la Crimea è ormai andata) e si arriverebbe a un “conflitto congelato” al confine orientale. Non è una prospettiva allettante, ma realisticamente l’Ucraina non può sperare di meglio.

Sappiamo bene che Putin è disposto ad accettare questi “conflitti congelati” per punire la disobbedienza dei governi delle ex repubbliche sovietiche, perché lo ha già fatto in Moldavia e in Georgia. Sappiamo anche che i paesi che hanno subìto queste tattiche possono prosperare nonostante i giochi di Mosca. Se l’ha fatto la Georgia, l’Ucraina potrebbe farcela anche meglio con il sostegno dell’Europa e degli Stati Uniti.

Non esiste una soluzione militare al conflitto. Bisogna accettare lo stallo e andare avanti.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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