13 maggio 2019 15:56

Ventotto giornalisti raccontano la campagna elettorale nel proprio paese in vista delle elezioni europee del 26-29 maggio 2019. La serie è realizzata in collaborazione con VoxEurop.

Sappiamo bene che la Spagna è stata forgiata dall’affermazione del filosofo José Ortega y Gasset, “la Spagna è il problema, l’Europa è la soluzione”. Altrettanto vero è che i “trent’anni gloriosi” portatori di benessere e ricordati con nostalgia nel resto d’Europa, per noi sono cominciati solo dopo il ritorno alla democrazia e l’adesione all’Unione europea.

Il legame con l’Europa è così profondo che, nonostante l’europeismo spagnolo abbia comunque risentito della crisi del 2008, oggi viviamo una situazione paradossale, un capovolgimento storico: la Spagna, un tempo “luce di Trento, martello degli eretici e spada di Roma”, riserva spirituale del cattolicesimo nazionalista e illiberale di Francisco Franco, oggi è considerata la riserva spirituale dell’europeismo, l’ultimo fervente condottiero del progetto europeo.

C’è chi si è rammaricato per l’assenza dei temi europei dal dibattito per le elezioni politiche del 29 aprile, ma è anche vero che molti, fuori della Spagna, sono parecchio invidiosi del fatto che i quattro candidati alla presidenza del governo non si siano mai lasciati andare ad argomentazioni demagogiche addossando all’Europa la colpa dei mali nazionali.

È un’ammirazione meritata. Dopo anni in cui ci si è chiesti perché in Spagna non esistesse un partito di estrema destra xenofoba omologabile a quelli che stanno facendo sfaceli in Europa, non solo Vox non è riuscito a trasformare l’immigrazione in un tema caldo della campagna elettorale, ma le sue proposte europee (allinearsi al gruppo di Visegrád) sono talmente assurde che non meritano la minima attenzione. Perfino Podemos – che in passato aveva paragonato la Spagna a una colonia tedesca e chiesto di prendere d’assalto Bruxelles con un’inchiesta sul debito accumulato dalla Spagna durante la crisi – oggi si mostra critico (come è giusto che sia) ma non ostile a priori nei confronti del progetto europeo.

Forse il meglio che la Spagna può fare per l’Europa in questo momento è portare un po’ di sensatezza

Gli spagnoli sono saggi e non incolpano Bruxelles per i loro problemi, perché sanno perfettamente che i mali della Spagna sono solo della Spagna e sono causati dai suoi cittadini. Se per gli spagnoli l’Europa non è la soluzione, non lo è nemmeno la lotta all’Europa. Guardandosi intorno e osservando la Brexit, i gilet gialli, la retorica di Salvini e l’autoritarismo di Orbán, appare evidente che gli altri stanno perdendo la testa.

La Spagna invece vuole promuovere una difesa autonoma comune, completare il processo di crescita dell’eurozona, adottare una politica d’immigrazione intelligente e lungimirante, difendere un’Europa più solidale e più sociale. Sono obiettivi lodevoli. Forse, però, il meglio che la Spagna può fare per l’Europa in questo momento è portare un po’ di sensatezza, evitare passi indietro e rafforzare l’animo degli altri europei. Cari europeisti, venite in Spagna a rinfrancarvi. Vi sentirete meglio.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Ventotto giornalisti raccontano la campagna elettorale nel proprio paese in vista delle elezioni europee del 26-29 maggio 2019. La serie è realizzata in collaborazione con VoxEurop.

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