29 luglio 2009 16:45

Usando la rete i cinesi hanno imparato a sentire opinioni diverse, scrive Li Datong. Nasce così una nuova società civile.

L’8 giugno 2009 il ministero dell’industria e dell’informazione tecnologica cinese ha annunciato che a partire dal 1 luglio tutti i produttori di computer devono installare nei pc venduti in Cina un filtro per il web chiamato Diga verde, per “difendere la salute mentale dei giovani”.

Il provvedimento ha scatenato una vera e propria rivolta. Gli utenti di internet più esperti hanno subito scoperto come funziona: il software contiene una lista di parole da filtrare, tra cui duemila collegate alla pornografia, e seimila alla politica. Alcuni intellettuali hanno chiesto di rendere pubblico il metodo con cui sono prese queste decisioni politiche, per poterne controllare la legalità.

Ma la cosa più interessante è stata la “Dichiarazione 2009 degli utenti anonimi”, che comincia con un saluto ai censori e prosegue descrivendo la rete come una forza inarrestabile della storia. Il documento contiene anche una sfida: “Per affermare la libertà di internet, per aumentare la sua diffusione, e per difendere i nostri diritti, saboteremo il vostro meccanismo di censura, dimostrando la sua inefficacia”.

Dopo le critiche sia dall’interno sia dall’estero, il 30 giugno il ministero ha annunciato che avrebbe rinviato il provvedimento. Ma è chiaro che in realtà ci ha rinunciato. Distruggendo la Diga verde, gli utenti cinesi di internet hanno ottenuto la loro vittoria più grande.

Questo è un anno particolare per le autorità di Pechino. È il sessantesimo anniversario della fondazione della Repubblica Popolare, ma anche il ventennale dei fatti di piazza Tiananmen e il cinquantesimo anniversario della rivolta tibetana.

I disordini del Xinjiang hanno fatto emergere tensione e insicurezza nel paese. In previsione di altri problemi, sono stati aperti “uffici per il mantenimento della stabilità” su tutto il territorio. Di solito i mezzi d’informazione cinesi tengono nascoste le brutte notizie, ma a quanto pare i tempi stanno cambiando.

Dall’inizio del 2009 c’è stata una serie di “incidenti” che hanno avuto grande risonanza. Questi incidenti vengono prima denunciati su internet, ma poi i mezzi d’informazione tradizionali ne parlano e alla fine le notizie arrivano ad avere un’eco nazionale. Nella prima metà dell’anno ci sono stati una decina di casi simili, tra cui quello della Diga verde.

Una caratteristica comune a tutti questi episodi è stato lo scetticismo espresso dagli utenti della rete nei confronti delle spiegazioni ufficiali, e in tutti i casi alla fine le autorità hanno avuto la peggio.

Nel sistema politico cinese non esistono vere elezioni né un reale controllo da parte dei mezzi d’informazione, quindi le autorità possono fare quello che vogliono. Non si preoccupano dei cittadini, non si pongono limiti giuridici e ignorano l’interesse pubblico.

Uno dei fenomeni sociali più importanti di oggi è che spesso chi protesta non è personalmente coinvolto nei fatti contestati. Per esempio, la morte sospetta di un cuoco d’albergo di nome Tu Yuangao a Shishou, nella provincia di Hubei, ha fatto scendere in piazza contro la polizia decine di migliaia di persone. Perché?

Un funzionario locale ha spiegato: “Non si è trattato solo di una morte sospetta, è stato un modo per sfogare le profonde tensioni sociali che si erano accumulate nel corso del tempo”. E ha aggiunto: “A Shishou i locali dove si gioca d’azzardo illegalmente, gli spacciatori di droga, i furti, le rapine, i casi di omicidio non risolti, il numero eccessivo di multe, la corruzione della polizia e il suo disprezzo per la popolazione sono sotto gli occhi di tutti. La gente è disgustata”.

L’incidente può quindi essere visto come l’espressione del malcontento dei cittadini verso l’amministrazione. In realtà tutte le proteste di massa sono contro le amministrazioni locali, e il governo centrale lo sa.

Quest’anno i segretari di partito e i responsabili della sicurezza dei vari distretti sono stati convocati a Pechino per un corso di formazione. Non è solo una questione di incompetenza, il vero problema è la sfiducia della gente verso il governo. Appena scoppia un conflitto, la popolazione non crede più alle dichiarazioni ufficiali.

Per mettere fine a questo tipo di disordini servono enormi risorse ma, soprattutto, questi episodi scuotono le fondamenta del potere. E forse questo è il vero motivo per cui le opinioni espresse online cominciano a essere rispettate.

Le autorità si sono accorte che il rapido miglioramento degli standard di vita è accompagnato da un’insoddisfazione crescente da parte dei cittadini. L’equilibrio tra stato e società, tra governo e popolo non esiste più. L’unica soluzione è modificare il sistema di potere.

Ma non ci saranno vere riforme fino a quando le pressioni non saranno così forti da far capire al partito che è in atto una crisi di governabilità. Nei prossimi anni, i conflitti sulla rete tra le autorità e i cittadini diventeranno sempre più frequenti. Questo fenomeno non ha precedenti nella storia: nessuno si aspettava che internet diventasse lo strumento più efficace per far nascere una nuova società civile.

Da quando usano la rete, i cinesi hanno imparato a occuparsi anche di cose che non li riguardano direttamente, a sentire opinioni diverse, a rispettare chi non la pensa come loro. Sta nascendo una nuova società civile. E, a lungo termine, non c’è catalizzatore migliore per le riforme politiche.

Li Datong è un giornalista cinese. È stato uno dei fondatori di Bing dian, il supplemento settimanale del Quotidiano della gioventù cinese chiuso dalle autorità nel gennaio 2006. Vive a Pechino (altri articoli di Li Datong pubblicati da Internazionale).

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