16 marzo 2022 13:18

Negli anni della presidenza di Vladimir Putin la leadership russa ha condotto una feroce lotta contro lo spazio pubblico. Gli amministratori politici (amministratori, si badi bene, perché nessuno li ha mai eletti) hanno perseguitato ogni forma di libertà e hanno estromesso attivisti, politici e giornalisti che avevano una posizione indipendente. Il loro posto è stato occupato da figure il cui compito era quello di creare una parvenza di realtà. I dirigenti dell’amministrazione presidenziale si sono impegnati a trasformare qualsiasi partito, gruppo o struttura autonoma in “cellule” artificiali e controllate.

Tutto ciò che era autentico è stato bollato come diverso, straniero, estremista e perfino “terrorista”. Vale la pena di ricordare la rete civica creata da Alexej Navalnyj: un’organizzazione finalizzata alla lotta politica e non violenta contro il regime e, per proprio questo, qualificata come criminale.

L’opera di distruzione ha collezionato successi impressionanti. Tuttavia, non dimentichiamo che questi “successi” sono stati ottenuti attraverso omicidi, pressioni ed espulsioni di persone dal paese. Gli amministratori senza volto, che in vari momenti hanno lavorato sotto la guida dei capi politici del Cremlino (Vladislav Surkov, Vjačeslav Volodin, Sergej Kirienko), hanno fatto piazza pulita in stretta collaborazione con i servizi speciali. I risultati di tale attività sono tremendi.

Una realtà alternativa distorta
Ricordiamo gli attivisti incarcerati. Pensiamo a chi è stato costretto a lasciare il paese e a chi ha abbandonato l’attività pubblica dopo aver valutato tutti i rischi a essa connessi. Non dimentichiamo poi i politici, i giornalisti e i personaggi pubblici assassinati e chi ne è stato il mandante.

Gli amministratori di Putin hanno cercato di gestire non solo la società civile, ma anche il mondo dello sport. La logica della competizione leale è stata violata: il leader, evidentemente, non ci credeva. Gli atleti russi dovevano essere migliori di tutti gli altri, a ogni costo. Pertanto la competizione è stata sostituita da un programma di doping finalizzato a mettere in piedi un clamoroso successo a vantaggio del leader. Le Olimpiadi invernali del 2014 sono diventate un progetto per ottenere una vittoria garantita. Tale modalità di gestione è stata infine smascherata da un disertore, l’ex capo del laboratorio antidoping di Mosca, Grigorij Rodčenkov. Grazie a lui abbiamo un quadro dettagliato di questo caso vergognoso.

Non prendere sul serio la realtà alternativa di Putin è stato un diffuso e tragico errore, che ho commesso anch’io

Ma creare una realtà con metodi criminali è difficile. Le macchinazioni con cui Putin aspirava a costruire un’alternativa spettrale a una società vivente si sono rivelate un vero e proprio fallimento. Dopotutto, coloro che ci hanno trasformato negli “altri” (“stranieri” o “indesiderati”) non hanno mai creato niente.
La loro realtà alternativa si è rivelata uno specchio distorto dello spazio pubblico reale: clown al posto di politici, imitazioni invece di vere organizzazioni della società civile, propagandisti in luogo di giornalisti e analisti.

È stato facile conviverci: per i clown si poteva non votare, le false analisi si poteva non leggerle, giornalisti come Dmitrij Kiselev e Vladimir Solovev si poteva non ascoltarli perché, in fin dei conti, si vedeva benissimo che non stavano in piedi da soli. Sono pessimi attori, leggono il testo di qualcun altro, strumenti di un rozzo gioco politico. Non appena la morsa delle autorità si fosse allentata tutta questa costruzione sarebbe crollata. La causa di questo indebolimento, anch’io pensavo, poteva essere una sorta di processo naturale: una crisi economica, una diminuzione della popolarità del leader, un cambio generazionale al potere.

La crisi avrebbe spazzato via i personaggi artificiali: quei cosiddetti politici e giornalisti si sarebbero semplicemente volatilizzati perché, come le macchine, funzionavano solo se alimentati dal sistema statale. I cittadini russi si sarebbero improvvisamente liberati dall’illusione e avrebbero visto sgretolarsi la costruzione. Come nel finale di Alice nel paese delle meraviglie il re, la regina, i cavalieri e i giudici improvvisamente si rivelano essere solo un mazzo di carte. O il finale di Invito a una decapitazione di Nabokov: “Un turbinoso vento sollevò e portò via polvere, stracci, schegge dipinte, piccoli frammenti di intonaco dorato, mattoni di cartone…”.

Una mentalità che può uccidere
Ma oggi razzi, proiettili e bombe stanno uccidendo per davvero ucraini e russi. Il turbine che attraversa la terra dell’Ucraina oggi è in tutto e per tutto reale e i detriti e i mattoni sono detriti e mattoni concreti. Non prendere sul serio la realtà alternativa di Putin è stato un diffuso e tragico errore, che ho commesso anch’io. La sensazione di virtualità di questa politica è stata ingannevole. Alla fine la messinscena non si è dissolta in gesso dorato, le pietre non sono diventate cartone. È stato esattamente il contrario: il ruvido scenario teatrale, che ha nutrito chi ci si è mosso, si è materializzato e si è trasformato in morte e sofferenza.

Sono consapevole della profonda inconsistenza dei miei tentativi di abbatterlo, quando ancora era possibile, prima della guerra. Ero sicuro che sarebbero crollato da solo.

Credere che la vita, la coscienza, il talento e il riconoscimento si possano comprare e vendere è una visione del mondo dannosa e spregevole. E questo non è un errore innocente. Chi, a un certo punto, si è convinto che tutto si vende e si compra, che la società può essere occupata, soggiogata e che al suo posto poteva creare una propria realtà, da lui finanziata, ha portato non solo il suo paese ma il mondo intero alla catastrofe.

Putin si è convinto che la società ucraina sia lo stesso tipo di messinscena in cui lui, attraverso omicidi e minacce, ha trasformato la sua società russa

Questa persona non solo ha creduto nella sua realtà, da lui finanziata, ma l’ha anche trasformata in pretesto per agire nel mondo. Ora è chiaro che il suo piano per una breve operazione militare contro un paese fratello era basato su una finzione da lui costruita. Lui, evidentemente, si aspettava che l’uso della forza da parte dello stato “reale” – cioè il suo – avrebbe portato al crollo istantaneo della “falsa” entità statale ucraina. Sembrava credere che il suo fittizio “indice di gradimento” si sarebbe trasformato in sostegno reale da parte della società russa.

Pensava che tutti avrebbero creduto alla storia dei “fascisti” ucraini e alla sua missione di liberatore. Supponeva, probabilmente, attorniato e consigliato dai suoi valletti, che la Russia fosse pronta per affrontare la guerra e le sanzioni.
Putin si è convinto che la società ucraina sia lo stesso tipo di messinscena in cui lui, attraverso omicidi e minacce, ha trasformato la sua società russa.

Ha pensato che gli ucraini – dai soldati semplici sul campo di battaglia ai vertici del paese da lui odiati– si sarebbero trasformati in un mazzo di carte come in Alice e che avrebbero riconosciuto la sua autorità. Chi saranno mai il presidente dell’Ucraina e il sindaco di Kiev, se non un ex comico e un ex pugile? Doveva proprio credere seriamente di avere un vantaggio psicologico e morale sull’Ucraina di oggi e sull’intero mondo democratico. La sua visione distorta del mondo gli ha impedito di rendersi conto che tutto il suo “enorme peso” sono stati i suoi giullari a inventarlo. Per molti anni, la sua televisione e i suoi mezzi d’informazione hanno avuto un solo cliente e un solo vero spettatore: lui. Si è avvelenato con le sue stesse bugie.

Su nessuno ha una benché minima superiorità morale. Solo nella forza militare è in vantaggio. Ma perché questo vantaggio si trasformi in vittoria c’è bisogno di una missione chiara, di prontezza e di senso della giustizia. In questa guerra una missione chiara, prontezza e senso della giustezza ci sono, ma solo da parte dello stato e del popolo ucraino.

Rimettere in piedi un sistema sociale
Forse ora Putin si trova di fronte a una scelta: usare o non usare tutte le armi distruttive che ha a sua disposizione? Questo porterà più morte e più sofferenza. E non farà cambiare assolutamente nulla.

La sua guerra con la realtà doveva rimanere una sua questione personale. Se vuoi vivere nel risentimento e nella rabbia verso il mondo intero, fallo pure. Ma lui ha imposto la sua presenza al popolo russo con la forza, con la manipolazione e con le bugie. Per molti anni ha raggiunto altissimi “indici di gradimento” con tutti i mezzi a sua disposizione. Legando la società russa a se stesso con la forza e le minacce, ha svilito l’identità del suo popolo, che un tempo, insieme agli ucraini, combatté in una guerra comune e giusta.

Ha avvelenato non solo se stesso, ma anche la Russia. Ha determinato il disprezzo con cui tutti nel mondo guarderanno non solo a lui, ma anche a noi, russi e cittadini della Federazione russa. Per molti anni a venire non riusciremo a convincere il mondo che “non siamo così”, che “questi non siamo noi”. Per molti anni a venire – dopo Putin – dovremo rimettere in piedi un sistema sociale in Russia, libero da finzioni e manipolazioni politiche.

La Russia ha già perso questa guerra, moralmente, anche solo cominciandola. Indipendentemente dagli eventi sui campi di battaglia, ha perso come entità politica, economica e sociale, come paese, come parte del mondo. Una volta con la parola guerra – senza specificazioni – ci si riferiva alla grande guerra patriottica (cioè alla seconda guerra mondiale). Ora questa parola ha un significato diverso. Una guerra senza qualifiche o aggettivi è la guerra che lui ha scatenato e che ha reso me e tutti i russi responsabili di tale catastrofe.

(Traduzione di Alessandra Bertuccelli)

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