10 novembre 2015 11:43

L’accostamento della parola porno a cose che non hanno niente a che vedere con la pornografia – come food porn – è assurdo e irritante. Ma nel caso di un libro come Cabin porn di Zach Klein, uscito di recente e basato sul blog che ha lo stesso titolo, mi sembra abbastanza appropriato: per la maggior parte di noi le foto di quei rifugi lussureggianti sono lontane dalla realtà quanto i nudi che Playboy ha appena smesso di pubblicare.

Il libro è destinato ai tavolini da caffè di persone che vivono in quartieri di lusso come Stoke Newington a Londra e Williamsburg a New York e non hanno la minima intenzione di andare a vivere in una capanna. Non sto prendendo in giro nessuno: anch’io sogno una capanna sperduta dove non vivrei mai. In altre parole, perdo tempo a immaginare una vita alternativa, che presumo sia migliore, senza fare nulla per trasformarla in realtà. A pensarci bene, non è un po’ strano?

A quanto pare Thoreau non cercava una vita più autentica, voleva solo fuggire da quegli aspetti della realtà che non sapeva gestire

Quest’idea mi tormenta da quando ho letto sul New Yorker un saggio stupendo di Kathryn Schulz sul pioniere di questa tendenza, Henry David Thoreau, che nel 1845 abbandonò la civiltà e si trasferì in una capanna tra i boschi per “vivere lentamente” e affrontare solo le cose essenziali della vita. Thoreau è stato sempre esaltato come pioniere dell’ambientalismo e dell’estrema semplicità, ma secondo Schulz era solo un ipocrita.

Tanto per cominciare il posto in cui si era rifugiato, il lago di Walden nel Massachusetts, non era in mezzo al nulla: due volte alla settimana Thoreau andava a piedi in città, dove sua madre gli faceva il bucato e gli preparava da mangiare. Ma soprattutto, Schulz vede nel suo esilio un tentativo di fuga “dalle complicazioni e dalle responsabilità di vivere con gli altri”. A quanto sembra, Thoreau non considerava i rapporti umani cose essenziali della vita. Non cercava una vita più autentica, voleva solo fuggire da quegli aspetti della realtà che non sapeva gestire.

Far funzionare i rapporti umani

È un modo nuovo di considerare le nostre fantasie agresti, di meditazione, di disintossicazione da internet o di ritorno a una vita spartana, frugale e minimalista: e se uno dei motivi di queste fantasie fosse il desiderio di fuga?

Meditare in cima a una montagna forse ci permette di entrare in contatto con la realtà allo stato più puro, ma è anche un modo per evitare le complicazioni del sesso, dell’amicizia e dei rapporti con i figli. Anche se il lago di Walden fosse stato veramente lontano dal mondo, il vento che faceva increspare le sue acque non sarebbe stato “più reale” di una discussione in famiglia, ma solo più facile da affrontare. Oppure pensate a Timothy Treadwell, il protagonista del documentario di Werner Herzog Grizzly man, che sceglie la compagnia degli orsi perché non riesce a far funzionare i rapporti umani.

Se trasformassimo queste fantasie in realtà, forse non si dimostrerebbero così semplici come speravamo. Zach Klein, l’autore di Cabin porn, vive davvero in una capanna, ma soffre della malattia di Lyme, che ha contratto proprio in campagna. Schulz ha il sospetto che anche Thoreau non fosse veramente felice, ma si fosse solo “isolato dal resto dell’umanità per suoi problemi psicologici”. E alla fine Timothy Treadwell fu sbranato da un orso. Gli orsi saranno anche meno complicati delle persone, ma a tavola sono molto meno educati.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

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