26 gennaio 2021 15:41

Il 20 gennaio Benjamin Stora, uno dei più importanti storici francesi del Maghreb contemporaneo, ha consegnato il Rapporto sulla memoria della colonizzazione e della guerra d’Algeria al presidente francese Emmanuel Macron. Era un rapporto molto atteso per le sue conclusioni e raccomandazioni. Il documento è ricco di informazioni e di spunti, e molto importante dal punto di vista storiografico. Stora ripercorre nel documento sessant’anni di dibattiti tra Parigi e Algeri, ma soprattutto di discussioni interne alla Francia sull’impatto di questa storia nella memoria collettiva del paese. Nei prossimi mesi la casa editrice Albin Michel ne farà un libro.

Nell’introduzione al testo, Stora ricorda che da decenni questi “conflitti” dipendono dal fatto che ognuno ha voluto scegliere una particolare memoria o uno “schieramento”, e precisa: “Ogni gruppo protagonista di questa storia ha le sue specificità, nessuno è eccezionale e nessuno dev’essere considerato più degli altri”. In questo ha ragione: solo la capacità di pensare a tutte le memorie in modo inclusivo, permetterà di organizzare un racconto comune. Perché le memorie sono e saranno sempre parziali.

Conoscere la storia della guerra (1954-1962) significa anche analizzare la “lunga presenza coloniale francese” (cominciata nel 1830 con la presa di Algeri e finita con la guerra d’indipendenza), e ricollocare il conflitto nella storia coloniale francese e globale. Bisogna inoltre tenere conto delle relazioni speciali tra la Francia e l’Algeria, dovute alle migrazioni (in Francia sette milioni di persone hanno legami con l’Algeria), e all’importanza diplomatica ed economica del paese, che è il primo mercato africano per le esportazioni francesi.

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Il rapporto di Benjamin Stora. Visto da Parigi. Visto da Algeri.

Infine lo storico sottolinea che il lungo percorso della memoria è stato influenzato anche dal diverso atteggiamento dei presidenti francesi. Se con il generale Charles de Gaulle o Valéry Giscard d’Estaing fu il silenzio a dominare, con François Mitterrand, dopo il suo viaggio ufficiale in Algeria nel dicembre del 1981, si arrivò a un controverso progetto di amnistia per gli estremisti dell’Algeria francese, e alla riabilitazione di otto generali golpisti. L’opposizione alla proposta fu tale che il governo dovette ricorrere alla fiducia per far passare il testo di legge integrale.

Si dovette aspettare il governo di Lionel Jospin perché il parlamento riconoscesse, nel 1999, la definizione di “guerra d’Algeria” per indicare quel periodo storico. In seguito anche Jacques Chirac s’impadronì della questione inaugurando nel 2002 a Parigi (sul quai Branly, davanti al museo a lui intitolato) un “memoriale nazionale” per i soldati francesi morti in Algeria, in Marocco e in Tunisia tra il 1952 e il 1962.

Una politica incoerente
Il rapporto Stora ripercorre le poste in gioco e i punti critici di questo processo, come per esempio la definizione di una data “comune” per commemorare la guerra o l’idea di costruire un museo “nostalgico” sulla colonizzazione a Marsiglia, che fu poi abbandonata dall’ex presidente Nicolas Sarkozy.

Secondo Stora la guerra delle storie e delle memorie nei due paesi è stata lunga e complicata. Ricorda, per esempio, che nel 2007 alla vigilia del viaggio di Sarkozy in Algeria (in cui fornì agli algerini una mappa con le posizioni delle mine piazzate dai francesi alle frontiere con il Marocco e la Tunisia), fu inaugurato a Perpignan un “muro dedicato alle vittime dell’Fln”, il Fronte di liberazione nazionale, la principale organizzazione algerina che combatteva per l’indipendenza. Nonostante alcuni gesti importanti, come la condanna dei massacri del maggio 1945 da parte di due ambasciatori francesi nel 2005, la difficoltà di far emergere una politica coerente è evidente.

Stora non raccomanda una legge sulla memoria che “ostacoli l’esercizio critico della storia” ma neanche un “grande discorso” presidenziale. Pensa piuttosto che valga la pena “prendere altre strade” per costruire “una memoria giusta”, seguendo l’esempio di paesi come il Giappone o il Sudafrica. Nessuna risposta è semplice su un argomento così complesso. E ha ragione.

Stora propone di creare una commissione per la memoria e la verità (ispirata a quella sudafricana) che abbia come priorità il sostegno alle commemorazioni (19 marzo, 25 settembre, 17 ottobre) e la condivisione delle memorie. In questo ambito propone di erigere una stele all’emiro Abdelkader in occasione del sessantesimo anniversario dell’indipendenza dell’Algeria nel 2022; di creare una guida sugli scomparsi di entrambi gli schieramenti; di rendere pubblica una lista dei posti in cui la Francia condusse in Algeria e di quali furono le conseguenze; di condividere gli archivi (con un lavoro accurato e informatizzato, in continuità con l’accordo di cooperazione stretto nel 2009); di facilitare gli spostamenti degli harkis (gli algerini che combatterono a fianco dei francesi) e delle loro famiglie tra la Francia e l’Algeria; di raccontare la storia dei campi d’internamento per gli algerini in Francia (ce ne sono stati quattro); di sostenere l’idea che le strade possano essere dedicate ai francesi d’Algeria; di restituire resti e oggetti attualmente conservati nei musei francesi; di sviluppare la cooperazione universitaria; di rinnovare i manuali scolastici e sulla colonizzazione in generale; e infine di rilanciare il progetto di un museo dedicato alla storia della Francia e dell’Algeria a Montpellier.

Stora auspica un lavoro comune di mediazione (ripubblicazione di libri, film e documentari) perché per lo storico “lo strumento audiovisivo è fondamentale per la preservazione della memoria”, come ha dimostrato il successo del documentario Décolonisation: du sang e des larmes andato in onda di recente sulla tv France 2. E insiste su gesti politici forti, dedicati in particolare ad alcune personalità politiche del nazionalismo algerino che furono assassinate, come l’avvocato Ali Boumendjel.

Per quanto riguarda infine gli atti forti e simbolici, Stora vorrebbe organizzare al Museo nazionale della storia dell’immigrazione di Parigi una grande mostra sul passato coloniale, con un convegno sulle decolonizzazioni. Infine suggerisce di fare entrare al Pantheon una personalità simbolica della riconciliazione delle memorie, come l’avvocata femminista Gisèle Halimi, scomparsa l’anno scorso.

In definitiva Stora raccomanda degli atti concreti per “costruire” una politica in grado di superare i conflitti e favorire la “tanto attesa riconciliazione”.

Che ne farà di questo rapporto l’attuale presidente Emmanuel Macron, che nel 2017 durante la campagna presidenziale definì la colonizzazione un “crimine contro l’umanità”? Probabilmente potrà cominciare dalle proposte più concrete, come una mostra al Museo della storia dell’immigrazione o la stele dell’emiro Abdelkader.
La questione degli archivi, dei programmi scolastici o la creazione della commissione per la memoria e la verità saranno più complesse da realizzare. Di fatto i consiglieri del presidente vorrebbero “un percorso di riconoscimento”, ma non di pentimento né di scuse. A Macron questo programma offre la possibilità di gettare le basi di una politica capace una volta per tutte di rendere il passato realmente tale.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

Questo articolo è uscito sul quotidiano francese Libération.

Da sapere
Le reazioni algerine
  • “La Francia non si scusa né si pente”, è la conclusione del quotidiano algerino in arabo El Khabar dopo la pubblicazione del rapporto Stora. Da nessuna parte figurano le scuse ufficiali, tanto reclamate dagli ex combattenti algerini, cosa che a molti lascia l’amaro in bocca. “Le misure proposte sono simboliche e non rispondono alle rivendicazioni del popolo algerino, per cui le scuse sono importanti, soprattutto sui test nucleari e la questione degli scomparsi”. Secondo il quotidiano, sono ancora introvabili i resti di tremila persone uccise nella battaglia d’Algeri del 1957. Un altro quotidiano, Liberté, riconosce allo storico il pregio di aver cercato un “equilibrio tra le esigenze storiche e le suscettibilità politiche”, e allo stesso tempo mette in evidenza che Stora non è favorevole alle scuse ufficiali della Francia perché pensa che altre strade siano preferibili.
  • Su Le Point il celebre scrittore algerino Kamel Daoud scrive che il rapporto mette nero su bianco “quello che si può fare, identifica cos’è che fa più male e propone una terapia”. Ma secondo Daoud è una terapia essenzialmente individuale, della Francia, più che una terapia di coppia. Però riconosce che in Algeria il rapporto costringerà alcune élite, “che si crogiolano in un’immagine troppo perfetta della guerra di liberazione”, a fare i conti con la realtà. Il saggista Akram Belkaid fa notare che in questo momento le scuse ufficiali francesi servirebbero solo a far contento un governo poco popolare e molto contestato. Per lui ai giovani manifestanti dell’hirak, e in generale, agli algerini che non hanno conosciuto la colonizzazione (ormai i due terzi della popolazione) importa ben poco delle scuse francesi.
  • Il presidente algerino Abdelmajid Tebboune ha fatto sapere il 24 gennaio, con un comunicato, di essere pronto a lavorare con Macron sulle proposte di Stora. Tebboune è attualmente ricoverato in Germania e potrà occuparsi della questione solo al ritorno ad Algeri.

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