31 marzo 2016 13:21

Riecco Ignazio Marino. L’ex sindaco di Roma, costretto dal Partito democratico a dimettersi nell’ottobre del 2015 dopo 28 mesi di mandato, non era poi così lontano. Era impegnato a scrivere un libro, Un marziano a Roma (Feltrinelli), che ha presentato il 30 marzo in anteprima all’associazione della stampa straniera.

La quarta di copertina dà un’idea dell’immagine che Marino ha di sé. “Sono sempre stato un testardo”, c’è scritto.”E i testardi possono vincere o perdere ma non riescono a galleggiare: emergono o affondano”. Se ne potrebbe dedurre che Marino sia stato vittima di se stesso e del suo temperamento. Un’ammissione di colpevolezza sorprendente da parte di un uomo poco propenso ad ammettere i propri errori.

Ma fin dalla terza riga del suo mattone di trecento pagine non ci sono più dubbi. Marino non è più sindaco di Roma perché è stato “pugnalato” da 26 consiglieri della sua squadra comunale, che gli hanno ritirato la loro fiducia. “Ma il mandante era uno solo e si trovava a palazzo Chigi”, aggiunge subito. Ecco dunque il colpevole designato: il premier Matteo Renzi, che dopo una lunga lotta interna al partito è riuscito a porre fine al suo mandato da sindaco prima che gli elettori potessero decidere il suo futuro.

Non me ne vado

Per più di un’ora Marino se l’è presa con il presidente del consiglio “non eletto” (come ha ribadito più volte), che ha preferito “sedersi al tavolo delle lobby” che governano la città sottobanco piuttosto che sostenere lui, che aveva deciso di cacciarle. Renzi che “non ama Roma” e si è rifiutato di aiutarlo finanziariamente nonostante il debito accumulato dalla capitale italiana avesse raggiunto i venti miliardi di euro. Renzi che ha speso “seicentomila euro” di spese di rappresentanza quando era presidente della provincia di Firenze (dal 2004 al 2009), mentre a lui vengono fatte le pulci per dodicimila euro di rimborsi spese ingiustificati.

Questo libro è un regolamento di conti? “Assolutamente no”, sostiene l’ex sindaco. “È un atto d’amore per Roma e i romani”. È l’annuncio che si candiderà alle elezioni municipali di giugno? “Men che meno”, risponde. “Non è né il luogo né il momento”. Ma precisa: “Forse sono un marziano, ma non sono pronto a tornarmene su Marte”.

Un modo per dire che, candidato o no, sarà presente nel dibattito elettorale, anche solo per fare danni. Un primo indizio: non conosce nemmeno il nome di battesimo del candidato del Pd, Roberto Giachetti, che chiama “Riccardo”. In compenso non ha dimenticato quello di Virginia Raggi, la candidata del Movimento 5 stelle che i sondaggi danno per favorita.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato sul sito del quotidiano francese Le Monde.

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