17 marzo 2017 16:40

Dopo la trilogia di Matrix, che si è consumata agli albori del nuovo millennio (ma sembra passato un secolo), Keanu Reeves ha infilato una serie di film e di ruoli poco convincenti. Del resto dopo aver impersonato il prescelto per tre lunghi, lunghissimi film non era facilissimo ricollocarsi nell’affollato panorama di divi da action movie. Almeno fino a John Wick. Con il film di Chad Stahelski, nel 2014, finalmente Keanu è tornato a fuoco. E infatti da lì in poi, anche in piccoli ruoli (per esempio in The neon demon), ha dato sempre la sensazione di essere tornato.

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Oltre al ritorno sul pianeta Terra del prescelto, l’elemento che faceva funzionare quel film è un vecchio classico della casa: se un ex killer si sta più o meno tranquillamente godendo la pensione è meglio evitare di farlo incazzare. John Wick, killer in pensione che ha appena perso la moglie, vaga semidisperato per la città con la sua Mustang e il suo cane, e non farebbe male a una mosca. Poi però un arrogante mafioso russo vuole a tutti i costi prendersi la Mustang, esagera (gli ammazza il cane) e finisce per far incazzare John. Viene in mente un altro John, John Wayne, in Un uomo tranquillo. Siamo su un altro pianeta cinematografico, ma anche lì ce la mettono tutta per far saltare la mosca al naso a un pugile che ha deciso di appendere i guantoni al chiodo. Nella meravigliosa commedia di John Ford (che era piaciuta anche a E.T.) tutto si risolve con una scazzottata epica. Certo Stahelski non è John Ford, ma soprattutto John Wick non è un pugile, è un killer. Facile trarre le somme.

In John Wick. Capitolo 2 c’è un altro grande classico della casa. Per i killer (che siano malavitosi o ex agenti segreti) la pensione non arriva mai davvero. C’è sempre qualcuno che torna dal loro passato per trascinarli indietro, nell’inevitabile spirale di violenza. Per sviluppare il tema si riprende un altro elemento, se non altro curioso, del primo film e cioè le leggi non scritte, gli usi e costumi, del meraviglioso mondo sommerso dei killer, che hanno i loro hotel di riferimento, le loro convention e le loro fiere, esattamente come gli assicuratori, i pubblicitari e i rappresentanti di piastrelle. Ultimo elemento di curiosità di John Wick. Capitolo 2 è che dopo i russi, stavolta il ruolo dei mafiosi tocca agli italiani. Un bel pezzo del film è stato girato a Roma, il cattivone è Riccardo Scamarcio (Santino) e nella quota italica c’è spazio anche per Claudia Gerini e Franco Nero che fa il concierge nell’hotel dei killer di Roma.

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Arriva in sala il terzo live action della Disney ricalcato sui suoi classici animati. Dopo il noioso Cenerentola di Kenneth Branagh e il digitalissimo Libro della giungla di Jon Favreau, ecco La bella e la bestia di Bill Condon, con Emma Watson e Dan Stevens (sorprendente in Legion) e con le musiche di Alan Menken. Molto atteso e molto chiacchierato, al punto che sembra di averlo già visto. E un po’ è così perché i nuovi live action Disney ricalcano abbastanza fedelmente i cartoni. Qualche progresso da Cenerentola al Libro della giungla si è notato. Chissà se La bella e la bestia riuscirà nell’impresa di superare il cartone, che per la verità, se funzionava per la storia e le musiche, non era esattamente memorabile a livello di animazione.

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In Un tirchio quasi perfetto, di Fred Cavayé, Dany Boon interpreta François Gaultier, un taccagno patologico la cui parsimoniosa vita verrà sconvolta dall’arrivo di una figlia di cui ignorava l’esistenza. Il film ricalca un po’ l’idea del precedente film con Boon, Supercondriaco, un ipocondriaco patologico la cui vita viene sconvolta eccetera eccetera. Schema rigido che funziona al botteghino francese, anche se di solito le scene più divertenti si possono vedere direttamente nel trailer, risparmiando i soldi del biglietto ed evitando di esporti ai pericolosi virus che girano nelle sale cinematografiche.

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In uscita anche Rings, o meglio The ring 3 (anche perché tra sequel, remake e remake di sequel abbiamo onestamente perso il conto) e Loving di Jeff Nichols: sul film ispirato alla storia vera di Mildred e Richard Loving rimandiamo alla recensione di Francesco Boille. Per chiudere una segnalazione. Il 20 marzo uscirà in poche sale (qui trovate la programmazione) un documentario che varrebbe davvero la pena di essere visto al cinema, Dawson City di Bill Morrison di cui avevo già parlato qualche mese fa.

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