12 marzo 2021 18:19

Disney ci prende un po’ per fame. In un periodo come questo, l’uscita di Raya e l’ultimo drago, film d’animazione di Don Hall (Big Hero 6) e Carlos López Estrada, sarebbe un motivo per esultare. Ma anche se si può considerare un prodotto di lusso nel panorama dello streaming, 21,99 euro per l’anteprima del film sono tanti per una serata sul divano di casa. Al di là di questo, il film è bello, la storia originale e realizzata in modo tecnicamente perfetto.

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La premessa è abbastanza complicata tanto che ci vogliono ben due spiegoni, un antefatto e due salti temporali (uno di cinquecento anni e l’altro di sei) per mettere le carte in tavola. Per farla breve, i tempi mitici in cui nella favolosa terra di Kumandra uomini e draghi convivevano in armonia e prosperità sono un lontano ricordo. La giovane principessa Raya, discendente di una delle cinque grandi tribù che vivono a Kumandra, è in cerca di Sisu, l’ultimo mitico drago ancora in vita, l’unica creatura che forse potrà sconfiggere una terribile piaga viola, il Druun, che pietrifica qualunque essere vivente riesca a toccare. Non solo. Raya deve anche guardarsi le spalle dalle altre quattro tribù di Kumandra, che rivaleggiano per acquisire il potere magico del drago, racchiuso nei frammenti di una gemma.

Raya è una principessa un po’ atipica. Ha una missione ben chiara in testa, e sembra decisa e perfettamente in grado di compierla da sola. Ma soprattutto non canta. Secondo Adele Lim (nata in Malaysia), che ha scritto la sceneggiatura insieme a Qui Nguyen (che è nato in Arkansas, ma ha origini vietnamite), i personaggi, Raya per prima, e la storia non erano adatti a un musical. Quindi niente canzoncine accattivanti. La storia poi, molto complessa, è raccontata con un ritmo abbastanza serrato (anche se non indiavolato). Ci sono anche tanti personaggi, ognuno con un carattere ben definito e molti dei quali, tra cui la stessa Raya, avrebbero meritato un approfondimento. L’ambientazione d’ispirazione asiatica, anche se non originalissima, è bella e varia (si va dal Vietnam alle Filippine).

Alla fine la sensazione è che ci sia più carne al fuoco di quanta poi ne troviamo nel piatto e si resta con la voglia di averne qualche altro pezzetto. Ma non è per forza un difetto. E poi c’è sempre la possibilità che la storia di Raya non finisca con i titoli di coda. Speriamo solo che possa continuare con la cura che fa di Raya e l’ultimo drago un piccolo (costoso) gioiellino.

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