20 marzo 2019 11:09

In Algeria le manifestazioni si ripetono quotidianamente ormai da un mese, raggiungendo l’apice ogni venerdì. Sono manifestazioni gigantesche e pacifiche che non lasciano alcun dubbio sul pensiero di gran parte degli algerini.

Le proteste erano inizialmente rivolte contro il quinto mandato a cui aspirava il presidente Abdelaziz Bouteflika, ma ormai i manifestanti pretendono che Bouteflika ceda il potere alla fine del mandato attuale, tra cinque settimane.

Come si può uscire politicamente da questa crisi? Nei circoli del potere e in quelli dell’opposizione si passano in rassegna i possibili scenari, ma al momento nessuno offre una soluzione accettabile dalla piazza e da chi tiene in mano le redini dello stato.

Al potere comunque
Se con la promessa di Bouteflika di non ripresentarsi alle elezioni il governo algerino sperava in una smobilitazione o in una spaccatura nella popolazione, è ormai evidente che ha fatto male i suoi conti. La piazza appare più motivata che mai. Il regime non sembra aver imparato la lezione, tanto che in una lettera pubblicata il 18 marzo il presidente non ha modificato la sua posizione: resterà alla guida del paese anche dopo la scadenza del 28 aprile, per mesi se non addirittura anni.

In questo contesto le parole di uno dei pochi rappresentanti del governo a esprimersi sono analizzate come fossero un enigma della sfinge. Stiamo parlando del generale Gaid Salah, capo di stato maggiore.

È indispensabile muoversi con prudenza davanti a un regime totalmente opaco

Arrivato alla soglia dei 79 anni e per 14 anni alla guida dell’esercito, il generale Salah non ha nulla del ribelle. Al contrario, negli ultimi giorni è stato uno dei pochissimi dignitari a essere ricevuto da Bouteflika. Eppure le sue parole hanno alimentato le speculazioni degli osservatori.

In un discorso pronunciato lontano da Algeri, nella terza regione militare, Salah ha reso omaggio al “grande senso patriottico” e alla “civiltà senza pari” degli algerini, che a suo dire hanno suscitato “la viva ammirazione del mondo”. Il capo di stato maggiore si è impegnato “davanti ad Allah, davanti al popolo e davanti alla storia affinché l’esercito nazionale popolare rappresenti un bastione per la popolazione e per la nazione in tutte le condizioni e circostanze”.

Questa frase pronunciata dal generale può essere interpretata in modi diversi, anche come un’apertura verso i manifestanti, gli stessi che fin dall’inizio della protesta hanno risparmiato l’esercito.

Ma davvero i militari saranno gli “arbitri” della contesa, come ha suggerito Le Monde? Di sicuro è indispensabile muoversi con prudenza davanti a un regime totalmente opaco e al cui interno sono sicuramente in corso intense trattative per salvare il salvabile.

Negli ultimi anni l’esercito ha perso alcuni tra i generali più politicizzati, come Mohamed Médiène, l’ex capo plenipotenziario dei servizi d’informazione militari. Questo permette a un vecchio ufficiale come Salah, senza grandi colpe pur restando un uomo del sistema, di essere nella posizione di… di cosa? Nessuno lo sa, perché la situazione algerina è estremamente fluttuante. Ma non lo resterà in eterno.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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