27 settembre 2019 11:24

In politica estera la storia ricorderà Jacques Chirac soprattutto per il rifiuto di partecipare all’invasione statunitense dell’Iraq nel 2003, sicuramente la sua decisione più significativa. Chirac aveva capito prima degli altri che l’avventura militare era un grave errore, e anche se era stato Dominique de Villepin a plasmare le parole e il lirismo del “no” francese nel suo celebre discorso al Consiglio di sicurezza dell’Onu, il merito di aver preso la decisione di rompere con l’alleato statunitense spetta all’allora presidente della repubblica.

Con la sua scelta, Chirac ha risparmiato alla Francia le divisioni e le sofferenze di una guerra inutile, sfuggendo inoltre al discredito profondo e duraturo che ha colpito Tony Blair, primo ministro britannico dell’epoca, che aveva scelto di seguire ciecamente l’amministrazione Bush.

Chirac è stato fedele alla sua storia gaullista basata sull’indipendenza, e ha pagato con un grande gelo nei rapporti transatlantici. Ricordiamo ancora l’episodio delle french fries ribattezzate negli Stati Uniti freedom fries, le patatine della libertà.

Eroe di strada
Personalmente sono stato testimone di un’altra vicenda mediorientale che illustra alla perfezione la capacità di Chirac di ignorare le convenzioni. Era il 1996, e il presidente appena eletto cominciava a Gerusalemme un giro di visite nella regione. Mentre si trovava nella città vecchia, Chirac si era accorto che gli agenti della sicurezza israeliana avevano deciso di rendergli la vita difficile, impedendogli qualsiasi contatto con i palestinesi e ostacolando l’attività della stampa (di cui faceva parte anche il sottoscritto).

In quell’occasione, una serie di inconvenienti fece perdere le staffe a Chirac davanti al capo della sicurezza israeliana, fino a fargli pronunciare una frase passata alla storia: “You want me to go back to my plane?”, ovvero “volete obbligarmi a riprendere l’aereo e andarmene?”.

Tra le altre cose Jacques Chirac non è stato capace di intuire le aspirazioni democratiche sull’altra sponda del Mediterraneo

Grazie al risalto concesso a quell’episodio dalle tv arabe, Jacques Chirac è diventato l’eroe di strada. Yasser Arafat lo chiamava “il dottor Chirac” e sperava che potesse guarire un processo di pace evidentemente malato.

Cosa resta oggi della politica araba di Chirac? Purtroppo le sfuriate e le intuizioni non fanno una politica efficace. Come sottolineano severamente Christophe Boltanski ed Éric Aeschimann nel loro libro intitolato Chirac d’Arabia, “così come accaduto dopo le sue incredibili vittorie elettorali in Francia, anche in Medio Oriente Chirac non ha saputo sfruttare al meglio il suo ottimo rapporto con il mondo arabo”.

Peso insufficiente
“Saputo” o “potuto”? Non dobbiamo dimenticare che all’epoca la Francia non aveva un peso sufficiente per opporsi alle forze decise a cancellare le speranze di pace in Palestina nate dagli accordi di Oslo e a sfruttare quelle alimentate dalla guerra in Iraq.

Chirac, inoltre, ha assistito impotente all’assassinio del suo grande amico e primo ministro libanese Rafic Hariri nel 2005, e ha maturato un’ostilità profonda nei confronti del presidente siriano Bashar al Assad, su cui aveva inizialmente scommesso al momento della sua ascesa al potere, nel 2000.

Jacques Chirac non è stato capace nemmeno di intuire le aspirazioni democratiche che stavano nascendo sull’altra sponda del Mediterraneo, e i tunisini gli serbano ancora rancore per aver concesso carta bianca al dittatore Ben Ali durante una visita in Tunisia del 2003.

Eppure, a posteriori, il momento che tutti ricorderanno sarà quello del “no” alla guerra in Iraq, oggi considerata unanimemente un disastro storico.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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