04 novembre 2019 11:31

Ci sono due passeggeri inattesi nella delegazione del presidente francese Emmanuel Macron che comincia il 4 novembre la sua visita ufficiale in Cina: un ministro tedesco e un commissario europeo. I viaggi presidenziali solitamente sono eventi bilaterali in cui si visita un paese, in questo caso la Cina, per firmare contratti o discutere temi importanti.

Ma di questi tempi i rapporti con il gigante cinese si stanno europeizzando sempre di più. D’altronde è l’unico modo di avere un peso davanti alla seconda potenza mondiale e ai suoi 1,4 miliardi di abitanti, guidati in modo ipercentralizzato dal segretario generale del Partito comunista, Xi Jinping.

A marzo, durante la sua visita in Francia, Xi si era visto proporre un incontro all’Eliseo con Emmanuel Macron, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. Era stata una novità assoluta, oltre che un segnale perfettamente ricevuto a Pechino. D’altronde pochi giorni prima la Commissione di Bruxelles aveva pubblicato un documento politico in cui Pechino era descritta come “rivale sistemico”, un’espressione sorprendente.

Dialogo preferenziale
Stiamo vivendo una svolta importante, un nuovo inizio dopo un decennio in cui la Cina ha approfittato delle contraddizioni europee per fare affari nel continente. Pechino ha sviluppato un dialogo preferenziale con un gruppo di paesi dell’Europa del sud, battezzati “i 16 + 1”, in cui per “1” si intendeva la Cina con i suoi finanziamenti.

Da allora in molti hanno preso coscienza del rischio di frammentazione dell’Europa per opera di una potenza emergente e vorace. Nel 2016 la Germania è stata sconvolta dall’acquisto di uno dei suoi fiori all’occhiello nel settore della robotica da parte di una società cinese. Evidentemente l’inverso sarebbe del tutto impossibile.

L’Ue sta cominciando a capire che per esistere in un mondo dominato da Stati Uniti e Cina deve difendere i suoi interessi comuni

Oggi la Francia e la Germania sono sulla stessa lunghezza d’onda nel loro tentativo di europeizzare i rapporti con la Cina. Nel 2020, in occasione della presidenza tedesca dell’Unione europea, Angela Merkel organizzerà un vertice di 27 stati europei con il presidente cinese (un’altra novità) sull’onda dell’iniziativa lanciata a marzo a Parigi.

Un’unica voce per contare di più
Malgrado le sue contraddizioni, dunque, l’Ue sta finalmente cominciando a capire che se vuole esistere in un mondo dominato dal gigante statunitense e da quello cinese deve difendere i propri interessi comuni. La guerra commerciale sino-americana è un promemoria importante, e l’Europa non deve diventare la vittima collaterale degli accordi che potrebbero essere conclusi tra Washington e Pechino.

Per questo, durante la sua visita in occasione di una fiera delle importazioni cinesi a Shanghai, un evento di cui la Francia è ospite d’onore, Macron sarà accompagnato da un ministro tedesco. È un modo per mostrare che nonostante la concorrenza tra le aziende europee sul mercato, i governi del vecchio continente mantengono una posizione unica sulle questioni fondamentali che riguardano le regole commerciali o la proprietà intellettuale.

Recentemente il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier ha sottolineato che l’Ue è composta da piccoli paesi che sanno di essere piccoli e piccoli paesi che si credono grandi. Davanti alla Cina siamo tutti piccoli, in effetti. A meno di parlare con un’unica voce.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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