06 ottobre 2023 09:58

Immaginate di essere nell’ufficio di Vladimir Putin al Cremlino o in quello di Xi Jinping nello Zhongnanhai a Pechino, e di osservare cosa sta succedendo alla politica degli Stati Uniti, principale rivale strategico di Russia e Cina: vedreste un presidente americano travolto da una crisi politica che gli impedisce di far approvare un pacchetto di aiuti all’Ucraina, mentre incombe il rischio di un blocco dell’amministrazione a causa della mancata approvazione del budget da parte del congresso. Come se non bastasse, lo speaker della camera dei rappresentanti è stato destituito dai suoi “amici” (non certo la parola più adatta). Insomma, un caos politico che minaccia di paralizzare la prima potenza mondiale.

A Mosca e a Pechino queste immagini appaiono come una conferma della tesi sostenuta da decenni dai leader delle due potenze, convinti che l’occidente stia vivendo un declino irreversibile. Che abbiano torto o ragione, la loro strategia militare, diplomatica e politica è basata su questa analisi e potrebbe spingerli a prendere decisioni rischiose.

A questo punto è innegabile che a Washington regni un’instabilità che ha sorpreso il resto del mondo. Fino alla settimana scorsa Joe Biden chiamava ancora i partner europei per rassicurarli dopo il rinvio di un pacchetto di aiuti da sei miliardi di dollari all’Ucraina Intanto si cercava un compromesso con lo speaker della camera Kevin McCarthy. Ma il 2 ottobre McCarthy è stato destituito dall’ala estremista e trumpiana dei repubblicani, che in questo modo ha voluto rimettere in discussione gli accordi raggiunti con la Casa Bianca.

Biden è stato costretto a cambiare toni, ammettendo di essere preoccupato per gli aiuti all’Ucraina e annunciando un “grande discorso” per ricordare agli statunitensi l’importanza della posta in gioco in Europa orientale.

Tutti pensavano che la campagna elettorale per le elezioni presidenziali statunitensi, che si terranno a novembre del 2024, cominciasse l’anno prossimo. La battaglia politica è invece già cominciata, con pesanti conseguenze. In particolare gli aiuti all’Ucraina sono ostaggio dello scontro tra repubblicani e democratici.

L’amministrazione Biden ha alcuni strumenti per aggirare il problema, a cominciare dagli executive order, decreti presidenziali che possono scavalcare il congresso. Ma questi stratagemmi non potranno risolvere tutti i problemi. Nel bel mezzo di una guerra, l’incertezza indebolisce evidentemente l’Ucraina. Il 5 ottobre Volodymyr Zelenskyj era a Granada, in Spagna, per partecipare a un vertice dell’Europa allargata in cui si è mostrato fiducioso, ma è chiaro che la preoccupazione sta aumentando.

La crisi statunitense dimostra che l’Ucraina può diventare un elemento decisivo anche nella politica interna di diversi paesi. La maggioranza degli americani resta favorevole agli aiuti, ma tra i repubblicani non è così. Dunque esiste il rischio di perdere il consenso bipartisan che finora è stato mantenuto.

L’inquietudine si sta allargando ad altri fronti sparsi per il mondo, in particolare a Taiwan, che dipende dall’appoggio statunitense per resistere alle pressioni della Cina. A proposito dei rapporti con Pechino, a Washington l’approccio bipartisan è ancora solido, ma su tutto incombe l’ombra di Donald Trump. Lo scenario più catastrofico comincia a delinearsi. A Mosca e Pechino osservano il tutto con estremo compiacimento.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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