L’offerta di nidi pubblici in Italia è tra le più basse d’Europa: solo il 12 per cento dei bambini sotto i tre anni ha un posto all’asilo nido, contro il 35-40 per cento della Francia e dei paesi nordici. In Italia l’investimento pubblico per i bambini nella prima fase del ciclo di vita è molto basso. La spesa media per i bambini sotto i tre anni è inferiore del 25 per cento a quella degli altri paesi sviluppati ed è la metà della spesa media per le classi d’età 6-11 e 12-16 anni.
Il basso investimento negli asili nido potrebbe anche contribuire a spiegare i risultati insoddisfacenti che i ragazzi italiani ottengono nelle rilevazioni internazionali. Come noto, l’Italia va male sia nella valutazione delle competenze linguistiche sia in quella sulla matematica. Secondo Daniela Del Boca, Silvia Pasqua e Chiara Pronzato, la socializzazione precoce, il rapporto educativo con personale specializzato, gli stimoli offerti da nidi di qualità (come sono, ancora, i nidi pubblici italiani) sono fondamentali per lo sviluppo dei bambini. Nel 2011 gli asili nido hanno compiuto quarant’anni.
La prima legge nazionale sulla costituzione di asili nido risale infatti al 1971. Il gettito della nuova Imu, anche se viene non lasciato interamente ai comuni (che ricevono le entrate delle prime case e metà del gettito relativo agli altri immobili, mentre il resto va allo stato) potrebbe aiutare a mantenere e rafforzare questo importante strumento, utile sia per la famiglia sia per l’istruzione, ed elemento fondamentale per aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
Internazionale, numero 929, 23 dicembre 2011
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