21 maggio 2018 17:36

Con oltre il 55 per cento di astensione, le elezioni irachene del 12 maggio 2018 hanno avuto un risultato inaspettato.

Diversamente dalle tre precedenti elezioni (nel 2005, nel 2010 e nel 2014) in questa tornata tra i candidati più votati non c’era nessun ex primo ministro, neanche l’uscente Haider al Abadi. Nonostante i due successi su cui poteva contare (la sconfitta del gruppo Stato islamico e il fallimento del referendum sull’indipendenza dei curdi), la coalizione Al nasr, guidata da Al Abadi, è arrivata solo terza, dietro la lista Sairun del leader sciita Moqtada al Sadr e la coalizione Al fatah (la conquista), guidata da Hadi al Amiri, capo di una potente milizia sciita legata all’Iran.

Nelle precedenti elezioni la competizione si era basata molto sull’appartenenza etnica e confessionale (tra sciiti, sunniti e curdi), mentre questa volta la sfida principale è stata soprattutto tra diverse coalizioni sciite. Anche i sunniti e i curdi si sono presentati divisi in diversi partiti in competizione tra loro.

A sorpresa, lo sciita Al Abadi è arrivato primo nella provincia sunnita di Mosul.

La sorpresa delle urne
Il risultato elettorale ha stupito non solo gli iracheni, ma anche i due attori internazionali più influenti nel paese: gli Stati Uniti e l’Iran. Per Washington, che appoggia Al Abadi, e per Teheran, che sostiene l’ex primo ministro Nuri al Maliki, i risultati sono stati deludenti. Il successo maggiore infatti è stato raggiunto dalla lista Sairoon, formata da un’alleanza tra il movimento di Al Sadr e il Partito comunista iracheno, che ha ottenuto oltre 1,3 milioni di voti e ben 54 seggi su 329 in parlamento.

Pur essendo in conflitto tra loro, sia gli Stati Uniti sia l’Iran considerano Al Sadr come una pericolosa minaccia. Il generale iraniano Qasem Soleimani da una parte e il diplomatico statunitense Brett McGurk, inviato speciale per la coalizione contro lo Stato islamico, dall’altra hanno cercato di influenzare la formazione del prossimo governo.

Il dato più significativo di queste elezioni è stato il numero di giovani iracheni che ha boicottato le urne. Alle elezioni del 2005 aveva votato il 70 per cento degli iracheni, in quelle del 2010 il 62 per cento e nel 2018 solo il 44 per cento. A essersi astenuti sono stati soprattutto i giovani.

Dopo quindici anni di guerra, i giovani non hanno più fiducia nel governo. Dal 2003 in poi si sono succeduti cinque esecutivi, tutti segnati dalla corruzione e dal confessionalismo. In Iraq il 18 per cento dei giovani laureati non trova lavoro. Durante la campagna elettorale di Al Abadi nel sud del paese, uno di loro è riuscito a eludere la scorta e ha contestato il primo ministro per la mancanza di lavoro gettandogli in faccia il suo certificato di laurea.

(Traduzione di Francesco de Lellis)

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