17 giugno 2018 09:29

La cosa che più mi ha impressionato sono i colori. Così vibranti, come non ne avevo mai visti. Decisamente non quello che ti aspetteresti in una chiesa “normale”. Ma questa non è una chiesa normale. Emana un effluvio decisamente atipico.

Benvenuti nella International church of cannabis, la chiesa internazionale della cannabis di Denver, in Colorado, ai piedi delle Montagne rocciose: qui si garantiscono emozioni elevate e un analogo stato mentale.

La chiesa è stata fondata nel 2016, un po’ casualmente, da sei persone che si erano da poco trasferite in Colorado dalla Florida. L’edificio era di proprietà di un parente di uno di loro e l’idea, all’epoca, era di trasformarlo in un condominio residenziale. Ma poi il piano è cambiato ed è nata così la chiesa della cannabis.

L’edificio era stato inizialmente costruito come luogo di culto luterano all’inizio del novecento. Poi ha cambiato più volte proprietà e ha assunto varie denominazioni prima di finire nelle mani dei fumatori d’erba, in seguito alla legalizzazione della cannabis da parte del Colorado nel 2014. L’aspetto esterno della chiesa, con i suoi mattoni rossi, non ha niente d’insolito: sembra una chiesa come tante, se si eccettua una Statua della libertà in miniatura e un po’ sballata sul prato davanti alla facciata. Ma appena entrati all’interno non c’è dubbio che si tratti di un luogo speciale.

Per i colori, intanto. Le grandi pareti della chiesa sono state dipinte nell’arco di sei giorni da un artista di strada di Los Angeles, Okuda San Miguel, fatto venire in città per l’occasione.

La chiesa internazionale della cannabis a Denver, Colorado, il 20 aprile 2018. (Jason Connolly, Afp)

Stranamente all’inizio non si sente alcun odore di marijuana, che anzi viene percepito solo una volta che ci si trova dentro la navata della chiesa vera e propria, al secondo piano. La marijuana viene fumata solo durante le funzioni riservate ai fedeli e il sistema di ventilazione è così efficiente da eliminare l’odore pochi minuti dopo la fine della funzione.

Era da un po’ di tempo che avevo sentito parlare della chiesa e quest’anno ho avuto la fortuna non solo di fotografarla, ma anche di essere l’unico giornalista presente. Tra i consumatori di marijuana 420 è una sorta di codice per indicare l’erba. Sia l’orario (4.20 del pomeriggio) sia la data, 20 aprile (4/20 secondo le convenzioni statunitensi), della funzione si riferivano a questo codice. Quest’anno, il 20 aprile cadeva di venerdì, il giorno in cui di solito la chiesa organizza le sue funzioni religiose ed è ero lì proprio quel giorno. Si potrebbe dire che ho preso tre piccioni con una fava.

La chiesa può contare su circa quaranta “fedeli” abituali, a cui se ne aggiungono altri cinquemila virtuali collegati online. Nel giorno in cui l’ho visitata, alla funzione partecipavano circa 25-30 persone.

Si respira un clima da chiesa, fatta eccezione forse per i colori accesi sulle pareti. Io non fumo ma immagino che, per chi si trova in uno stato d’alterazione, quei colori possano fornire una certa ispirazione. Erano tutti molto accoglienti e solo una persona non ha voluto essere fotografata.

Fedeli nella chiesa internazionale della cannabis a Denver, Colorado, il 20 aprile 2018. (Jason Connolly, Afp)

Gli appartenenti alla chiesa sono adepti dell’“elevazionismo”, descritto come la convinzione che, attraverso un uso rituale del sacramento della cannabis, una persona possa raggiungere i propri obiettivi spirituali.

Durante la funzione le persone si scambiavano spinelli (che però non è possibile comprare nell’edificio). Una donna aveva un tamburo e ballava. Una coppia era seduta con aria meditativa e, a un certo punto, ho visto alcune lacrime scorrere sulle guance della donna, che chiaramente stava facendo un lungo viaggio.

La funzione prevedeva alcuni discorsi e un’esibizione musicale di un musicista davvero di talento. Volevo scattare alcune foto dall’alto e mi è stato detto che potevo salire su una finestra al piano superiore. Vicino alla finestra c’era una tinozza, dall’aspetto di una gigantesca vasca da bagno. Sono quindi entrato lì dentro per fare alcuni scatti.

Forse non avrò fumato, ma non mi è stata negata un’esperienza inconsueta. In pratica ero seduto in una gigantesca vasca da bagno, dalla quale scattavo foto in una chiesa dipinta di colori psichedelici accesi, mentre al piano di sotto i fedeli fatti di marijuana ondeggiavano a ritmo di musica. Un’esperienza sicuramente mistica.

Questo articolo è stato pubblicato sul blog Correspondent dell’Agence France-Presse. Nel blog giornalisti e fotoreporter raccontano il loro lavoro.

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