26 aprile 2022 12:10

Condizionatori al massimo, sedie di plastica, luce accecante, musica che va e viene. Il centro di culto della pastora Viviane Azevedo somiglia a tutti gli altri disseminati ai quattro angoli del Brasile.

Eppure qui, all’estremo ovest di Rio de Janeiro, si difendono idee progressiste in opposizione alla corrente dominante nel mondo evangelico. “Quattro anni fa ho raccolto il testimone da una pastora molto conservatrice. Non è stato facile, sono stata costretta a ricostruire tutto. Ho dovuto affrontare il razzismo. Altri pastori hanno cercato di chiudere la mia chiesa a causa delle idee che difendo e del modo in cui mi vesto”.

Gli evangelici progressisti restano in minoranza, ma si stanno organizzando e ottengono sempre più visibilità. Secondo Viviane Azevedo “la chiesa ha sempre influenzato la politica brasiliana. Prima c’erano solo i cattolici. Oggi ci sono anche gli evangelici. Bolsonaro ne ha approfittato, ora dobbiamo recuperare terreno sui conservatori”.

Storia di un’identità conservatrice
Presenti nel panorama politico fin dagli anni trenta, gli evangelici progressisti sono stati perseguitati durante la dittatura (1964-1985) lasciando campo libero ai fondamentalisti. A partire dagli anni ottanta gli ultraconservatori hanno partecipato sempre di più alla politica, creando i propri mezzi d’informazione.

Riuniti nel gruppo parlamentare evangelico, oggi controllano il 20 per cento dei seggi al congresso (non tutti i parlamentari evangelici ne fanno parte). La loro influenza è in crescita. La religione gli permette di avvicinarsi alle classi popolari e, al di là dei temi religiosi, trovano un’intesa su altri argomenti per affermare un’identità conservatrice.

Avversari di Lula nei suoi primi tre tentativi alle presidenziali, molti leader evangelici avevano tuttavia deciso di appoggiarlo durante la campagna del 2002, quando aveva cominciato a delinearsi la sua vittoria. Da allora sono diventati attori di primo piano sulla scena politica nazionale. L’alleanza pragmatica con la sinistra era stata rotta un decennio più tardi, sotto la presidenza di Dilma Rousseff, esponente del Partito dei lavoratori (Pt). Gli evangelici sono stati determinanti nel processo di destituzione di Rousseff, nel 2016, per poi sostenere in massa Bolsonaro. “Il Pt è stato sorpreso da questo fenomeno. Nel 2018 la destra evangelica si è radicalizzata”, spiega Vítor Queiroz de Medeiros, ricercatore dell’università di São Paulo che studia l’attivismo politico-religioso e i gruppi evangelici.

Molti evangelici avvertono “un certo disprezzo da parte della sinistra”, spiega il ricercatore de Medeiros

Quattro anni dopo, però, il sostegno accordato nel 2018 dagli evangelici a Bolsonaro appare decisamente ridotto. La crisi economica, l’inflazione galoppante, il ritorno dell’insicurezza alimentare e il comportamento imprevedibile del presidente ne hanno intaccato la posizione dominante, creando una breccia di cui i suoi avversari intendono approfittare.

Il Nept (Gruppo degli evangelici del Pt), un’organizzazione interna che era finita nel dimenticatoio, è stato riportato in vita per aiutare il partito a riconquistare questi elettori. Secondo il pastore Oliver Costa Goiano, esponente del Nept, è un’operazione importante perché serve anche a riavvicinarsi ai quartieri più popolari dove gli evangelici sono sovrarappresentati.

Consapevole delle difficoltà, Costa Goiano punta sul pragmatismo della popolazione. “Gli elettori evangelici sono in prima linea e subiscono direttamente gli effetti della crisi. Queste persone votano spinte da ragioni economiche prima che religiose”. Il Pt vorrebbe approfittare di questo malcontento tenendo vivo il ricordo dei fasti degli anni di Lula.

Controffensive e autocensura
L’ex presidente, nel frattempo, sta cercando di riallacciare vecchie alleanze. Nel novembre 2021 Lula ha incontrato l’influente pastore Manoel Ferreira, diventato un sostenitore di Bolsonaro. Gli ottimi risultati ottenuti da Lula nei sondaggi creano tensione tra gli alleati evangelici del governo e spingono i più pragmatici a valutare ogni possibilità. Tuttavia a dicembre la nomina di un giudice “tremendamente evangelico” alla corte suprema, come promesso da Bolsonaro durante la campagna elettorale, li ha in parte rassicurati.

All’inizio di febbraio la breve occupazione di una chiesa cattolica da parte di un consigliere municipale del Pt, nel sud del paese, ha fatto il gioco dei bolsonaristi che accusano costantemente la sinistra di voler attaccare i credenti. La vicenda ha spaventato una parte degli elettori evangelici. All’inizio di marzo il presidente ha incontrato 280 leader e parlamentari evangelici promettendogli che guiderà “la nazione nella direzione che preferite”.

Ma la controffensiva di Bolsonaro si è scontrata con uno scandalo che ha travolto il ministero dell’istruzione coinvolgendo due pastori. I due accusati, senza alcun legame ufficiale con il ministero ma molto vicini al presidente e con la benedizione personale del ministro dell’istruzione (anche lui pastore), pretendevano tangenti dai sindaci per sbloccare i finanziamenti dedicati alla costruzione delle scuole. Nonostante il 20 marzo il ministro, accusato di traffico di influenze, si sia dimesso, la vicenda ha macchiato l’immagine degli evangelici in politica e ha inasprito i rapporti con gli alleati religiosi del governo.

Anche se gli elettori evangelici sono tra i più fedeli a Bolsonaro, l’erosione del loro sostegno al presidente di estrema destra alimenta le speranze di Geter Borges de Sousa, uno dei coordinatori del Nept. “Nel 2018 molti pastori che ci sostenevano sono stati espulsi dalle loro chiese, creando un fenomeno di autocensura. Se Bolsonaro perderà la sua egemonia nei circoli evangelici le nostre idee potranno circolare più liberamente”.

In ritardo sui social media
Le grandi chiese cercano di perfezionare le loro tecniche di orientamento del voto, ma non costituiscono un blocco monolitico. Nel paese sono attive 1.300 denominazioni evangeliche, e il 22 per cento dei fedeli non è legato a una particolare chiesa. Per convincerli non basta coinvolgere i pastori “mediatici”, spiega Oliver Costa Goiano. “Serve concentrarsi sui pastori delle piccole chiese, quelli che operano nelle favelas e parlano a un centinaio di persone…”.

Nonostante questa dispersione, le chiese possono compattarsi su temi legati alla moralità. Per il Pt, dunque, è fondamentale impedire allo schieramento di Bolsonaro di imporre un’agenda moralista radicalizzando la campagna. Ma anche in questo caso le circostanze sono abbastanza favorevoli al Pt, secondo de Medeiros: “Il discorso anticorruzione, mischiato con minacce immaginarie sulla perdita delle tradizioni e varie fake news, ha segnato le precedenti elezioni. Nel 2022, però, lo scenario è cambiato e potremmo assistere al ritorno della politica classica”.

Resta il fatto che il fronte di Bolsonaro domina il mondo dei social media e delle app di messaggistica. “In questo le condizioni sono più favorevoli all’estrema destra”, ammette Geter Borges de Sousa. “Diffonderemo contenuti mirati per gli evangelici in modo da contrastare le manipolazioni fatte in nome di Dio”.

Considerando il tasso di viralità delle fake news, solitamente molto più elevato rispetto alle smentite, la crociata contro la valanga di notizie false sembra persa in partenza, tanto più che questo lavoro di lungo respiro arriva un po’ in ritardo, riconosce il coordinatore del Nept. “Dobbiamo dialogare meglio con gli evangelici. La volatilità del voto dei brasiliani è consistente, da un’elezione all’altra possono scegliere Bolsonaro o Lula, quindi è importante non perdere i voti ottenuti”.

Fin dalla sua creazione il Pt si è appoggiato ai movimenti sociali, dalle comunità ecclesiastiche di base ai sindacati. Ma nel corso degli anni la società brasiliana si è trasformata. I giovani evangelici delle periferie urbane, che si mantengono con lavori precari, sono sempre più numerosi e sfuggono alle strategie di un partito che sembra imprigionato in schemi anacronistici.

Molti evangelici avvertono perfino “un certo disprezzo da parte della sinistra”, avverte de Medeiros. “Spesso sono considerati come un pubblico passivo, una mandria di fanatici manipolati. In realtà, anche se tendono a seguire le indicazioni di voto dei leader religiosi un po’ di più rispetto al resto della popolazione, la maggioranza pensa con la propria testa”. De Medeiros precisa che i leader fondamentalisti esagerano la loro influenza sui fedeli per fare pressione e imporsi nei dibattiti pubblici.

A sinistra Lula è comunque nella posizione migliore per convincere gli evangelici, continua il ricercatore. “Il ricordo del progresso sociale ha segnato i più poveri. Inoltre Lula non è storicamente compromesso su diversi temi progressisti, come l’aborto. Rispetto agli altri presta meno il fianco agli attacchi dell’estrema destra in questo campo”. All’inizio di aprile, sorprendendo molti osservatori, Lula ha affrontato questo tema particolarmente spinoso in Brasile, garantendo che l’aborto dev’essere “un diritto per tutti”. Ma davanti alle proteste (e per evitare di alienarsi gli evangelici) ha fatto rapidamente marcia indietro.

Secondo de Medeiros la sinistra potrebbe convincere gli evangelici in vista del prossimo voto, ma ha ceduto ai fondamentalisti il monopolio sulla lotta per i diritti civili. Tra gli evangelici dominano ormai l’elogio del liberalismo economico e il conservatorismo sociale, mentre ignorano i problemi strutturali ed esaltano una mistica meritocratica descritta come unico mezzo di conquista sociale. “Bisogna lottare per i nostri valori rivolgendoci a queste persone”, ribadisce la pastora Viviane Azevedo, che lavora molto sull’emancipazione delle donne e la lotta contro la violenza domestica. “La sinistra non riesce a comprendere questa gente. Per creare un legame duraturo bisogna parlare la loro lingua, ma con una prospettiva nuova”.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito sul giornale online francese Mediapart.

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