Il capo dello stato uscente Kais Saied, accusato di “deriva autoritaria” dall’opposizione e dalla società civile, ha vinto con più dell’89 per cento dei voti le elezioni presidenziali del 6 ottobre, caratterizzate da un tasso di partecipazione molto basso.

Secondo gli exit poll, Saied ha ottenuto l’89,2 per cento dei voti, contro il 6,9 per cento dell’industriale liberale Ayachi Zammel e il 3,9 per cento di Zouhair Maghzaoui, un esponente della sinistra panarabista.

I risultati ufficiali preliminari saranno annunciati il 7 ottobre.

Il tasso di partecipazione è stato di appena il 27,7 per cento, contro il 45 per cento delle presidenziali del 2019, secondo l’autorità elettorale Isie. È il dato più basso per un’elezione presidenziale in Tunisia, paese in cui nel 2011 sono cominciate le primavere arabe con la destituzione del dittatore Zine el Abidine Ben Ali.

Solo Zammel e Maghzaoui erano stati ammessi a sfidare Saied, 66 anni, su diciassette candidati iniziali, la maggior parte dei quali respinti dall’Isie per presunte irregolarità. L’opposizione, che ha molti leader in prigione, e le ong tunisine e straniere avevano più volte definito l’elezione “sbilanciata a favore di Saied”.

Zammel, sconosciuto al grande pubblico, non ha potuto fare campagna elettorale perché è in prigione dall’inizio di settembre. È stato infatti condannato a più di quattordici anni di reclusione con tre diverse sentenze per “falsificazione di documenti”.

“Non possiamo parlare di elezioni regolari quando i candidati che potevano mettere in difficoltà Saied sono stati sistematicamente esclusi”, ha dichiarato all’Afp l’analista politico tunisino Hatem Nafti.

L’Isie è accusata inoltre di aver escluso tre avversari di primo piano di Saied, tra cui l’ex ministro Mondher Zenaidi, che erano stati riammessi da un tribunale amministrativo.

Eletto democraticamente nel 2019, Saied è accusato dall’opposizione e dalle organizzazioni per i diritti umani di aver attuato un colpo di mano per assumere i pieni poteri il 25 luglio 2021, promettendo ordine di fronte all’instabilità politica.

Tre anni dopo molti tunisini lo accusano di aver dedicato troppe energie a regolare i conti con i suoi avversari, in particolare con il partito islamico conservatore Ennahda, che ha dominato la politica tunisina nei dieci anni di democrazia seguiti alla destituzione di Ben Ali.

Secondo l’ong Human rights watch, “più di 170 persone sono attualmente detenute nel paese per motivi politici”.