21 febbraio 2018 09:44

“Nel Rif non ci sono università, ospedali e infrastrutture. Siamo completamente emarginati dal centralismo del governo marocchino”, dice Reda Benzaza, portavoce del movimento popolare Hirak al shaabi, nato sulla scia delle proteste scoppiate nella città di Al Hoceima dopo la morte del pescivendolo Mouhcine Fikri nell’ottobre del 2016.

Nella regione del Rif, nel nord del Marocco, le proteste per la morte di Fikri hanno fatto da cassa di risonanza per le rivendicazioni sociali dei giovani. In questa zona infatti la disoccupazione tocca i livelli più alti del paese. Il movimento Hirak al shaabi chiede al governo nuovi investimenti e un maggiore impegno nella lotta alla corruzione.

Il reportage di Massimo Lauria e Gilberto Mastromatteo racconta, attraverso le voci degli attivisti, la nascita di una rivolta pacifica che è ancora in corso.

Da sapere
Il Rif è una regione prevalentemente montuosa abitata quasi interamente da berberi. Disoccupazione, povertà e disuguaglianze sono molto elevate, anche rispetto al resto del paese. Il 28 ottobre 2016 un venditore di pesce di nome Mouhcine Fikri, 31 anni, è morto schiacciato in un compattatore di rifiuti mentre cercava di recuperare mezzo quintale di pesce spada che gli era stato confiscato dalla polizia. Questo episodio ha dato origine a una serie di manifestazioni contro gli abusi della polizia e le politiche del governo di Rabat. Alla fine di ottobre del 2017 il re Mohammed VI ha sostituito quattro ministri del governo, accusati di non aver fatto abbastanza per favorire lo sviluppo del Rif. Secondo i dati ufficiali, dall’inizio delle proteste si contano due morti, centinaia di feriti e almeno 400 arresti. Cinquantaquattro persone, tra cui Nasser Zafzafi, tra i principali leader del movimento, sono sotto processo a Casablanca. Gli attivisti denunciano casi di tortura in carcere.

Aggiornamento, 28 giugno 2018
Il 26 giugno, dopo nove mesi di processo, Nasser Zafzafi è stato condannato a 20 anni di prigione per aver “minato la sicurezza dello stato”. La stessa sentenza è stata emessa per gli altri leader del movimento Nabil Ahmijeq, Wassim El Boustani e Samir Aghid. Gli altri attivisti dovranno scontare pene inferiori che vanno da 1 anno a 15 anni di carcere. In totale sono state condannate 53 persone.

La foto in copertina è di Therese Di Campo (Afp).