Sarebbe bello se non dimenticassimo mai che la storia del genere umano è fatta di storie che si svolgono in contemporanea. C’è un libro di Claudio Lagomarsini, L’invenzione dell’intreccio. La svolta medievale nell’arte narrativa (Il Mulino) che ipotizza un nesso tra le tavole sinottiche universali della storiografia francese tra dodicesimo e tredicesimo secolo e la tecnica narrativa che, nel ciclo di re Artù, incastra l’una nell’altra avventure tutte in svolgimento. Be’, a leggerlo viene da pensare che forse siamo regrediti. Oggi i romanzi, i film, le serie che vogliono mimare la contemporaneità degli eventi incuneando molte storie l’una nell’altra ci sembrano complicati da scrivere e complicati da seguire. Del resto anche nella vita d’ogni giorno, pur abusando della parola narrazione, facciamo sempre più fatica a tenere insieme accadimenti e punti di vista i più disparati. Preferiamo un unico fatto eclatante, un unico sguardo, un’unica linea narrativa facile da costruire, facile da seguire, e consideriamo il resto noiosa digressione. Vivevamo appesi al filo del conflitto Russia-Ucraina-massacri, ora siamo appesi al filo Hamas-Israele-massacri. Intrecciarli non ci riesce, e sono solo due: figuriamoci se dovessimo badare a tutti i fili del terribile mondo; ci facciamo caso solo quando s’ingarbugliano. Fruiamo pigramente di narrazioni sempliciotte, la disattenzione ci distruggerà.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1538 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati