16 settembre 2014 07:00

La grande assenza la dice lunga sulla complessità di questo intervento. Il 15 settembre, in occasione della conferenza internazionale sull’Iraq organizzata a Parigi per costituire la coalizione che attaccherà lo Stato islamico, l’Iran sciita non era rappresentato nonostante l’organizzazione jihadista sunnita sia il suo grande avversario perché attacca i suoi due grandi alleati, il regime siriano e quello iracheno.

Promotrice della conferenza, la Francia aveva confidato nella partecipazione di Teheran, continuando a sottolineare che nessun paese è di troppo quando si tratta di sconfiggere lo Stato islamico. Tuttavia le monarchie petrolifere – l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti– hanno opposto un veto categorico alla presenza dell’Iran. Considerando il loro ruolo fondamentale nell’iniziativa, il fatto che gli occidentali hanno bisogno del loro denaro per finanziare la missione e soprattutto la speranza che possano convincere i sunniti iracheni a rivoltarsi contro i jihadisti, gli Stati Uniti hanno accettato questa imposizione.

Nonostante le speranze della Francia, dunque, l’Iran non è stato invitato al tavolo. Questo è un fatto, smentito però dalla Guida suprema iraniana. Ali Khamenei ci ha tenuto a precisare che è stato lui a rifiutare che il suo paese fosse rappresentato a Parigi, che “alcuni funzionari (iraniani) non erano contrari all’idea” ma che lui stesso aveva deciso di opporsi perché “gli americani hanno le mani infangate e sono animati da intenzioni malsane”.

Queste due versioni sono entrambe veritiere, ed è proprio qui che sorge il problema. Come la Francia, anche gli Stati Uniti erano inizialmente favorevoli alla presenza dell’Iran e avevano sondato il terreno con l’ambasciatore di Teheran in Iraq. La diplomazia iraniana aveva risposto favorevolmente all’appello in quanto legata al presidente moderato Hassan Rohani, eletto quindici mesi fa e impegnato a riconciliare il paese con l’occidente. Tuttavia la Guida suprema ha rifiutato l’invito prima ancora che fosse ritirato.

In sostanza ci sono stati due veti simultanei e opposti, quello delle monarchie arabe e quello della Guida suprema. Il motivo è semplice: Iran e Arabia Saudita, pur essendo entrambi nemici dello Stato islamico, non hanno gli stessi piani per il futuro della regione. L’Iran sciita vorrebbe salvare il regime siriano e allo stesso tempo mantenere l’unità dell’Iraq sotto il controllo della maggioranza sciita. L’Arabia Saudita, sunnita, vorrebbe invece la caduta del regime siriano a beneficio della maggioranza sunnita del paese, e sarebbe ben felice di uno smembramento dell’Iraq che in questo modo sfuggirebbe all’influenza iraniana.

Le due potenze non possono entrare nella stessa coalizione, perché in questa crisi c’è in ballo il loro potere regionale. Le tensioni in Medio Oriente sono solo all’inizio, e nel frattempo migliaia di profughi (500 in un solo giorno, mercoledì scorso) continuano a morire cercando di attraversare il Mediterraneo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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