14 luglio 2017 17:49

Dora Maar è ricordata come una delle tante amanti di Picasso, ritratta dall’artista spagnolo in Donna che piange. Solo negli ultimi anni la sua opera di fotografa è stata riscoperta e rivalutata. Nel nuovo libro Dora Maar: Paris at the time of Man Ray, Cocteau and Picasso (Rizzoli Usa), Louise Baring ricostruisce la sua storia dandole una nuova dignità artistica, e non solo.

Nel 1998, un anno dopo la sua morte, l’appartamento dove viveva, sulla Rive Gauche, diventa un tesoro per i collezionisti, pieno di memorabilia di Picasso. Insieme ai fantasmi di questo amore maledetto, saltano fuori anche una piccola Rolleiflex e pile di vecchie foto. Ormai anziana, la donna aveva detto al suo portiere: “Una volta ero una grande fotografa”, ma prima del ritrovamento di questi materiali Dora Maar aveva permesso che i suoi lavori realizzati prima dell’incontro con Picasso fossero dimenticati.

Henriette Markovitch nasce a Parigi nel 1907 da padre croato e madre francese e trascorre l’infanzia a Buenos Aires; torna nella città d’origine per studiare arte e fotografia. Tra gli anni venti e trenta, lavora come fotografa nell’editoria e nella pubblicità, attività commerciali a cui accosta una ricerca più personale e sperimentale, in linea con le tendenze moderniste dell’epoca. Libera pensatrice, libertaria e attirata dalle idee più a sinistra, Maar entra presto nel circolo di frequentazione dei surrealisti parigini come André Breton e Man Ray. A quest’ultimo chiede di diventare la sua assistente fotografa, ma Ray rifiuta anche se la stima come professionista. Anzi, finisce per posare in uno dei suoi famosi ritratti solarizzati: Pablo Picasso nota la fotografia nello studio di Ray e il pittore implora l’amico di dargliela in cambio di una sua acquaforte.

I due vengono presentati nel 1936, all’anteprima del film Il delitto del signor Lange di Jean Renoir, in cui Maar lavora come fotografa di scena. In un secondo momento, Picasso incontra la donna a Les deux magots, un caffè a Saint-Germain-des-Prés; Maar è seduta da sola al tavolino e gioca con un coltellino, colpendo gli spazi tra le dita che a volte rimangono ferite. Picasso rimane completamente affascinato da questa immagine e le chiede di regalarle uno dei due guanti insanguinati. Da questo incontro comincia la loro storia d’amore che è segnata dalla prevaricazione di Picasso su Maar.

Il pittore considera la fotografia un’arte minore e spinge la compagna a cimentarsi con la pittura. Secondo Anne Baldassari, esperta di Picasso, “la spinse a dipingere perché non avrebbe potuto tollerare che facesse qualcosa meglio di lui”. Anche se non possiamo sapere come andarono veramente le cose, di fatto Dora Maar smette di essere una fotografa durante questa relazione. E la rottura con Picasso la getta in una profonda depressione, che la porta a subire anche trattamenti con l’elettroshock. Riesce a migliorare la sua condizione solo grazie all’intervento dello psicanalista Jacques Lacan.

Tuttavia nella storia raccontata nel libro di Louise Baring, Dora Maar ridiventa “quella notevole fotografa”, come disse Henri Cartier-Bresson, “le cui immagini hanno sempre qualcosa di straordinario e misterioso”.

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