“Mai viste così tante persone in ansia”, una cronaca da Los Angeles

Paula e Sebastian Lazar rientrano a casa soddisfatti. Mentre lei corre dietro al loro bambino di tre anni travestito da Uomo Ragno, lui raggiunge un gruppetto di vicini nel cortile interno del condominio dove vivono. È la sera del 2 novembre, a Los Angeles si sta ancora con le maniche corte e gli abitanti di questo edificio di due piani con piscina a nord di Hollywood, la parte meno elegante del quartiere, non rinunciano a fare due chiacchiere prima di cena. Di solito la conversazione è leggera, ma non stasera.

“Siamo stati a votare. È la prima volta da quando abbiamo acquisito la cittadinanza, dieci anni fa”, esordisce Sebastian Lazar, originario della Romania, come sua moglie e molti altri suoi vicini di casa. “Abbiamo votato per Trump, ovviamente”, precisa sorridendo, “non vogliamo mica pagare più tasse”. “Con Biden sarebbe un macello”, gli dà ragione un vicino di origine latina, “il socialismo è una brutta bestia”.

La conversazione si accende in un insolito battibecco che vede gli stranieri naturalizzati schierarsi per il presidente uscente e un anziano che scuote la testa demoralizzato e alla fine si ritira gridando: “Se fosse per Trump non stareste neanche qui! Come vi è venuto in mente di votarlo?”.

Operai a Beverly Hills, Los Angeles, 2 novembre 2020. (Lucy Nicholson, Reuters/Contrasto)

La tensione che circonda le elezioni è palpabile per le strade, nei condomini, nelle case, nei messaggi che arrivano sul telefono. Amici quarantenni, liberal, istruiti e attenti a cosa succede nel mondo e nel paese, esortano a fare scorte di generi di prima necessità perché “tira una brutta aria”. Altri raccontano di aver declinato inviti di familiari per “ragioni politiche”. Gruppi che aiutano i senzatetto o attivisti per i diritti dei neri raccomandano sui social network di tenere i telefoni in carica e i serbatoi delle macchine pieni. Nemmeno nei giorni dopo l’uccisione di George Floyd erano stati così martellanti.

Nelle zone dello shopping può capitare di vedere pannelli di legno usati per chiudere le vetrine e le porte dei negozi, dei ristoranti e degli hotel. Beverly Hills è completamente foderata di compensato, quasi un monumento a questi tempi turbolenti.

Lungo l’Hollywood boulevard, un ragazzo poco più che adolescente aiuta a chiudere un negozietto che vende souvenirs e magliette. “Non si sa mai”, allarga le braccia. “Queste elezioni stanno facendo impazzire le persone, non sappiamo cosa può succedere”. Al lato opposto del viale, Bob Cella, un operaio dai capelli grigi e di famiglia italoamericana, sta inchiodando pannelli sul portone del teatro El Capitán: “Ci hanno chiamati perché temono proteste e saccheggi dopo la chiusura dei seggi. Meglio prevenire che curare! Ho sessant’anni, non ho mai visto la gente così in ansia per delle elezioni”, dice. Lui e il suo collega hanno già votato – in California le urne sono aperte dal 24 ottobre per evitare assembramenti –, ma nicchiano quando gli si chiede per chi, cambiano discorso e infine salutano.

Anche questo è un dato piuttosto anomalo di questa “giornata particolare”, in una città dove le persone sono generalmente molto aperte, franche e disponibili con la stampa.

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