Nelle colonne sonore di Mica Levi non c’è spazio per l’imperfezione. A chi la conosce solo per queste produzioni, Ruff dog sembrerà uno scherzo. L’album comincia con un latrato canino e prosegue in una distorsione sfrenata, eccessiva perfino per gli standard della compositrice britannica. Levi spinge le sue tendenze musicali al limite, a volte rendendo incomprensibili contrappunti e cambi di accordi. Nei suoi momenti migliori, Ruff dog prende in giro la classica struttura pop. È un disco dove un grunge spento e un dream pop soporifero sono tenuti insieme da un approccio lo-fi che non ti aspetti da perfezioniste come Levi. Le scale discendenti di One tear suonano come Doolittle dei Pixies sotto morfina, con le parole che restano incomprensibili. Purtroppo l’album suona troppo dimesso, anche se è realizzato da una compositrice premiata grazie al suo lavoro meticoloso per il grande schermo. Considerato anche il contributo al mixaggio di Marta Salogni, ecco due stelle della scena alternativa britannica per un lavoro che potrebbe essere stato registrato con un iPhone. Forse l’obiettivo di Mica Levi era proprio quello di creare delle ottime melodie, lasciando il loro potenziale volutamente inespresso. Arielle Gordon, Pitchfork
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Questo articolo è uscito sul numero 1392 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati