Ritratto di Fernande Grudet, detta Madame Claude, figura realmente esistita (1923-2015) che ogni autore avrebbe voluto inventare. Lei da sola riesce a raffigurare un’epoca, quella della Francia del glorioso trentennio del dopoguerra, della crescita e del pieno impiego, del sesso non ancora liberato, delle ricchezze facili e dei gangster in giacca e cravatta. Un mondo di uomini in cui le donne non hanno voce in capitolo. Madame Claude, il sesto film di Sylvie Verheyde, abbraccia e restituisce tutto questo e, a partire da un rigoroso lavoro di documentazione, s’impegna a ricostruire dal 1968 agli anni duemila il percorso della “maîtresse della quinta repubblica”. Emerge una personalità più complessa e commovente di quanto non possa apparire a prima vista. La sua interprete, Karole Rocher, riceve con dignità l’eredità di Françoise Fabian, che ne ha vestito i panni nel film del 1977 di Just Jaeckin. Véronique Cauhapé, Le Monde
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Questo articolo è uscito sul numero 1404 di Internazionale, a pagina 74. Compra questo numero | Abbonati