Quattro insegnanti danesi s’imbarcano in un’impresa pseudoscientifica: decidono di vivere in un costante stato d’ebbrezza per vedere se in questo modo riescono a superare le rispettive crisi di mezza età. Chi ha un minimo di familiarità con i film di Thomas Vinterberg può immaginare che Un altro giro non è una commedia ubriaca tipo Una notte da leoni, ma piuttosto una cupa satira che prende di mira le sporche correnti sotterranee della vita borghese. L’esperimento ha ovviamente le sue conseguenze, ma il film non è né una farsa né una provocazione moralistica. Piuttosto è una tragicommedia moderata sul piacere dell’eccesso. Le vicende dei quattro personaggi principali non sono sempre credibili, ma una regia delicata e le meravigliose interpretazioni che insistono invece sull’autenticità creano una mistura di toni accattivante per quanto assurda. Un altro giro è lontano dall’austero naturalismo del Dogma 95 (di cui Vinterberg era uno dei fondatori) ma qualcosa di quell’estetica agile si fa strada e contribuisce all’imprevedibilità e all’indeterminatezza del film. Devika Girish, The New York Times
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Questo articolo è uscito sul numero 1410 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati