Italians do it better
Madonna usò per la prima volta la frase “Italians do it better” su una maglietta nel video di Papa don’t preach. Quella canzone apre una nuova compilation di cover dell’artista che si chiama a sua volta Italians do it better, prodotta da Johnny Jewel e pubblicata dalla sua etichetta. Indovinate come si chiama? Italians do it better. Se conoscete lo stile di Jewel, sapete cosa aspettarvi: alcune delle canzoni pop più famose di sempre interpretate da sconosciuti, che immaginiamo mentre le suonano in locali decadenti, illuminati solo dai neon. Il disco è la celebrazione dell’influenza che Madonna ha avuto sull’etichetta. Ma ci sono delle debolezze. Frozen, una delle mie canzoni preferite di Madonna, è una delusione: il duo russo Love Object tradisce l’originale leggerezza trip hop con un cantato piatto e un amplificatore che si comporta come se fosse sfondato. La sottrazione dà risultati migliori, vedi Holiday di Sally Shapiro. Nelle cover migliori è come sentire dei pezzi molto familiari per la prima volta, come in Papa don’t preach, dove i sussurri evocano una vulnerabilità tutta nuova. Il punto è che Madonna è una generalista mentre Italians do it better è molto specifica: l’electro pop narcotizzato, i grandi beat e la nostalgia per le vhs. L’album poggia su un’estetica e una dinamica più ristrette della sua fonte di ispirazione. Anna Gaca, Pitchfork
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Questo articolo è uscito sul numero 1427 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati