Le menti dei Public Service Broadcasting stavolta sono passate dai minatori gallesi e la corsa allo spazio dei precedenti album a un ritratto di Berlino. In Bright magic passano da un uso meticoloso di campionamenti d’archivio, messaggi di propaganda e vecchie trasmissioni radiofoniche a una travolgente spirale di krautrock, synth anni ottanta e power pop tedesco. Il duo si è fatto affiancare da musicisti locali per creare un’opera che evoca i fantasmi dei primi Kraftwerk, il lavoro di Vangelis per Blade runner e reminiscenze dei Daft Punk. Bright magic è diviso in due sezioni. La prima è introduttiva e culmina in Im licht; quella di Blixa Bargeld è la prima voce che ascoltiamo in Der rhythmus der maschinen, a cui dà forza con una performance irrequieta. People, let’s dance è uno dei momenti più azzeccati, insieme a Blue heaven, ma poi arriva un po’ di nebbia. La seconda sezione non è ricca come la prima, forse a causa della mancanza di cantanti e di una suite in tre parti (Lichtspiel) che si addentra in paesaggi post rock non troppo congeniali al gruppo. Sulla carta l’idea di fare un racconto noir e futuristico di Berlino è eccitante, ma alla fine resta la sensazione che la seconda parte avrebbe potuto essere concepita meglio. Bright magic è un’aggiunta interessante al catalogo della band britannica e ci lascia con una domanda: dove ci porteranno la prossima volta, sulla Luna?

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Questo articolo è uscito sul numero 1430 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati