Helado Negro (Ebru Yildiz)

Con lo pseudonimo di Helado Negro, il musicista statunitense di origini ecuadoriane Roberto Carlos Lange ha passato più di dieci anni a rifinire un suono che si espande tra sintetizzatori, folk e pop alternativo. Con canzoni cantate in inglese, spagnolo o entrambe le lingue, fonde atmosfere acustiche delicate, elettronica, testi intimi e dolci falsetti. Che interroghi la sua identità o faccia un semplice racconto della sua vita, porta sempre alla luce della bellezza. Il nuovo album Far in prende in prestito il titolo da una frase di Laraaji, artista new age molto ammirato dall’autore, ed è un viaggio nebuloso nel cosmo e nelle costellazioni. Tra pezzi dedicati alla sua partner, alla madre e ai ricordi sepolti, l’amore è il filo rosso che lega tutti i brani. L’amore per gli altri, per luoghi come Marfa, in Texas, dove Lange ha passato il lockdown, e l’amore per gli anni ottanta, espresso nelle irresistibili linee di basso. Le composizioni di questo disco si stringono e si allargano come se si passasse dagli eccessi del sabato sera alla calma della domenica mattina. I sintetizzatori sono onnipresenti ma mai invadenti, colorati dalla leggerezza degli altri strumenti: chitarre, percussioni, sax, vibrafono e la voce inebriante di Helado Negro. Il risultato finale è scintillante e va ascoltato a volume alto.

Tayyab Amin, The Guardian

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Questo articolo è uscito sul numero 1433 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati