Forse l’idea più radicale di Le cattive la dice Tía Encarna: “Essere trans è una festa”. Una festa. E poi la protagonista, Camila stessa, racconta la sua storia, dolore dopo dolore, umiliazione dopo umiliazione; percosse, inganno e annientamento. Il libro si apre con una straziante citazione di Gabriela Mistral: “Saremo tutte regine”. Regine, in questo caso, del parco Sarmiento, a Córdoba, dove di notte un gruppo di trans va incontro ai desideri sessuali dei clienti più diversi e dove la protagonista arriva giovanissima a prostituirsi “divorata dal destino che era stato programmato per lei”. Tía Encarna trova un bambino che giace in un fosso e decide di crescerlo. La storia di questo legame segna l’inizio e la fine del libro. Nel mezzo, Sosa Villada racconta di ragazzi che arrivano “con la voglia di superare i confini, di essere i più veloci dell’occidente, di fare male, di vendicarsi”, di qualche amore, del rifiuto dei genitori, della “violenza invisibile di qualsiasi transazione con un cliente”.

Patricia Kolesnicov,
Clarín

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Questo articolo è uscito sul numero 1433 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati