Ha lottato contro il tempo, le intemperie, la pandemia. Ha scelto di far recitare delle persone del posto per rendere la storia ancora più credibile, ed è arrivata a Berlino sul filo del rasoio. Ma i suoi sforzi l’hanno ripagata e con il secondo lungometraggio Carla Simón ha vinto l’Orso d’oro. Come il precedente Estate 1993, Alcarràs esplora la storia della regista e della sua famiglia (in particolare la famiglia della madre), coltivatori diretti di frutta, attività che rischia di scomparire di fronte al crollo dei prezzi. Il proprietario delle terre su cui lavorano muore e il nipote decide d’installare pannelli solari al posto degli alberi da frutta. Lo sguardo di Simón passa da un familiare all’altro, contempla e racconta, si abbevera alla fonte della terra e a quella delle persone ispirandosi, come ammette la stessa Simón, a La terra trema di Luchino Visconti, a Riso amaro di Giuseppe De Santis e a L’albero degli zoccoli di Ermanno Olmi.
Gregorio Belinchón, El País

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Questo articolo è uscito sul numero 1464 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati