Quando fu eletto alla Casa Bianca, nel 1980, Ronald Reagan credeva intimamente alle verità nostalgiche e nocive dei film in cui era apparso e, come politico e presidente, tentò di forzare lo stile di vita statunitense a conformarsi a quelle convinzioni. Quando uscì, nel 1986, Top gun sembrava il punto culturale più basso di un’epoca che di per sé era già un punto più basso. Tra drammi a buon mercato e sciocchezze sciovinistiche, suonava come un distillato della visione del mondo che riproduceva (non sapevamo che un altro intrattenitore, meno bravo e più bilioso, trent’anni dopo avrebbe causato danni ancor più gravi alla politica e alla psiche della nazione). Come l’originale, il sequel Top gun. Maverick è un emblema dei suoi oscuri tempi politici. E al confronto, l’originale Top gun sembra un’opera di cordiale umanesimo. Eppure, paradossalmente e in modo inquietante, Maverick è più soddisfacente come dramma e un film d’azione più completo.
Richard Brody, The New Yorker

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Questo articolo è uscito sul numero 1464 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati