Quando i fratelli Liv, Ellen e Hakon arrivano a Roma con i loro partner e figli per festeggiare il settantesimo compleanno del padre, non si aspettano che i genitori annuncino il loro divorzio. Ciò che segue in questo romanzo emotivamente intelligente sono le conseguenze – sia individuali sia collettive – dell’improvvisa rottura di una famiglia norvegese e il mutevole prisma attraverso il quale ciascuno dei personaggi vede il proprio posto al suo interno. Il romanzo di Helga Flatland è narrato alternativamente dalle sorelle Liv ed Ellen. Liv, giornalista, è la maggiore e si considera la principale confidente della madre, nonostante l’evidente attrito tra loro. È una donna che ha fatto della rimozione la sua comfort zone, e non si accorge delle tensioni che la circondano. Ellen, invece, è spesso trattata con condiscendenza da Liv, anche se hanno quasi la stessa età. Vuole un figlio ma non riesce a restare incinta, così la sua relazione è sempre più sotto pressione. È nella gestione dell’interazione tra i fratelli che il romanzo dà il meglio di sé. Ciascuno aderisce ancora al ruolo in cui è cresciuto e non vuole o non può liberarsene.
Hannah Beckerman, The Guardian

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Questo articolo è uscito sul numero 1470 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati