Il pianista russo-tedesco Igor Levit è sempre imprevedibile. Il suo nuovo doppio cd ruota intorno ad amore e morte e, in contrasto con la ricchezza policromatica del suo On Dsch, uscito l’anno scorso, è di monocromatica sobrietà. Il tema unificante è la leggenda di Tristano, resa famosa da Wagner e poi esplorata da altri come omaggio e fonte d’ispirazione. Anche stavolta le scelte di repertorio di Levit sono coraggiose. La più ardita è quella di dedicare quasi un disco, dopo il Liebes­traum n. 3 di Liszt, a Tristan, composizione in sei movimenti di Hans-Werner Henze del 1974, un lavoro poco eseguito pieno di tenera sensualità. È per piano, nastro magnetico e orchestra, che qui è quella della Gewand­haus di Lipsia diretta da Franz Welser-Möst. Dopo arriva la trascrizione di Zoltán Kocsis del preludio del Tristano e Isotta di Wagner, ottima per preparare l’ascoltatore alle enigmatiche dissonanze dell’adagio della decima sinfonia di Mahler, trascritto per piano da Ronald Stevenson. L’ultimo pezzo è lo studio d’esecuzione trascendentale di Liszt Harmonies du soir, che prima è ricco di prorompente splendore, poi si chiude in un clima nebuloso e tranquillo. Una fine perfetta per l’album.
Fiona Maddocks, The Guardian

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Questo articolo è uscito sul numero 1479 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati