Orhan Pamuk (Eric Fougere, Corbis/Getty)

Le notti della peste è un libro lungo e intellettualmente ricco. Affronta grandi temi: il nazionalismo, il conflitto etnico e religioso, il declino di un impero, le ripercussioni politiche di una pandemia. Parla di molti morti. Tuttavia, nonostante la gravità dell’argomento, il tono è leggermente ironico, perfino frivolo. Ha molti difetti. È ripetitivo; contiene troppe spiegazioni. Eppure è uno dei libri più interessanti dell’anno. Nel 1901, un uomo con un’uniforme da maggiore costellata di medaglie sale sul balcone di un edificio governativo e sventola una bandiera. Il sangue gli sgorga da una ferita d’arma da fuoco al braccio ma, imperterrito, grida alla folla sotto di lui: “Da questo momento in poi, la nostra terra è libera. Viva la nazione mingheriana, viva la libertà!”. Cinquantotto anni dopo, una bambina ripete queste parole alla sua bisnonna. La bambina ha studiato a scuola la nascita della sua nazione. Ciò che è stato insegnato alla giovane Mina, però, è diverso da quello che noi lettori sappiamo. Lei pensa che ci fossero migliaia di persone riunite sotto il balcone. Noi sappiamo che erano in pochi: la maggior parte del pubblico previsto dal soldato è stata scoraggiata dal terrore di contrarre la peste bubbonica. Mingheria è un’isola immaginaria, a metà strada fra Creta e Cipro, che condivide aspetti della storia di entrambe. Fa parte dell’impero ottomano in crisi. La popolazione è divisa in modo approssimativo tra musulmani turchi e cristiani greci. Il governatore è l’accomodante Sami Pasha, la cui carriera di funzionario coloniale è stata deludente. I primi casi di peste sono stati taciuti. Il chimico del sultano è stato inviato da Istanbul per prendere il controllo. Poco dopo il suo arrivo, è assassinato. Al suo posto arrivano la nipote del sultano, la principessa Pakize, e suo marito epidemiologo, il dottor Nuri. Nuri si occuperà della quarantena, Pakize scriverà lunghe lettere alla sorella. Queste lettere, si può supporre, costituiranno la narrazione. Ma no, Pamuk sta facendo qualcosa di più complicato. Il romanzo che stiamo leggendo, ci informa una prefazione, è stato scritto da Mina nel 2017, attingendo alle lettere di Pakize e ad altre fonti contraddittorie. Le notti della peste è una fiction storica, ma nessuno dei personaggi pretende di possedere la verità storica.
Lucy Hughes-Hallett, The Guardian

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Questo articolo è uscito sul numero 1481 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati