Caroline Polachek non ha più voglia di parlare di sé. Basta introspezione sugli amori difficili, il desiderio è qualcosa da proiettare verso l’esterno. Nel suo secondo album l’artista, un tempo parte del duo synth pop Chairlift, vuole abbracciare il mondo intorno a lei, con tutte le influenze, le contraddizioni e il caos. Se il precedente Pang parlava di tenere a freno i sentimenti, ora la cantante preferisce lasciarli uscire. Polachek sperimenta di continuo, spingendo su trame cacofoniche unite alla sua voce sempre mutevole. Nell’album ascoltiamo beat garage e hip hop, chitarre spagnoleggianti, cornamuse e arpe. Se un terzo di Desire, I want to turn into you l’abbiamo già sentito attraverso i singoli, tutti molto pezzi molto adatti alla radio, altri brani (Hopedrunk everasking o Butterfly net) soffrono di una visione più astratta. Tuttavia l’artista rende plausibile anche una collaborazione con Dido e Grimes (Fly to you), che sulla carta lasciava molto perplessi, mentre nella realtà funziona, perché offre un terreno abbastanza aperto e lascia che cantanti complesse e di ere diverse possano completarsi. Pezzi solari come Sunset e Blood and butter potrebbero lasciare intuire che strada prenderà Caroline Pola­chek in futuro, ma tutto sommato è difficile dirlo. Seguitela e basta.
Ella Kemp, Nme

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Questo articolo è uscito sul numero 1500 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati