La colonia ritrae vite irlandesi messe all’angolo dal peso morto della tradizione. Si svolge in un’isola atlantica al largo della costa occidentale dell’Irlanda, lunga tre miglia, con una popolazione che nel 1979 è scesa a due cifre. Qui si muovono due stranieri. Lloyd è un artista londinese che vuole rivitalizzare la sua carriera in declino. Ha affittato un cottage per l’estate, aspettandosi la solitudine, e non è contento di scoprire che la casa vicina è stata occupata da Jean-Pierre, un linguista francese che ha fatto dell’isola il suo laboratorio di dottorato nelle ultime cinque estati. Il francese è altrettanto scontento di scoprire un inglese sulla “sua” isola. Inevitabilmente i due uomini si scontrano. Così tocca a James, uno dei pochi adolescenti rimasti sull’isola, fare da intermediario. Facendo amicizia con Lloyd, James scopre un talento per la pittura e aspira a tornare con lui a Londra per diventare un artista. La madre vedova – che di giorno fa da modella per Lloyd e di notte s’infila nel letto di Jean-Pierre – avverte che Londra non sarà facile per lui. Sarebbe sbagliato dire che il libro raggiunge un culmine: in perfetto stile irlandese, la storia torna al punto di partenza, e con la tipica malinconia irlandese si posa di nuovo sull’isola.
Jonathan Myerson, The Guardian

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Questo articolo è uscito sul numero 1506 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati