Nella sua prima raccolta di racconti l’autrice britannica ottantenne Jane Campbell intende mettere le cose in chiaro sui nostri stereotipi intorno alla vecchiaia e alla giovinezza. Sono tredici storie sporche, coraggiose e spesso perfidamente divertenti che trattano di tutto, dalle idee sbagliate sull’invecchiamento (no, le nonne non sono solo al servizio dei nipoti), al desiderio erotico (o alla liberazione dagli obblighi sessuali, da tempo attesa), al mantenimento dell’autonomia come “vecchietta”. Sono tutte raccontate da donne socievoli che non ne possono più di essere trattate con condiscendenza. Campbell dà il meglio di sé quando combina osservazioni sagaci sull’invecchiamento con ritratti intimi di persone in difficoltà. Nel racconto che dà il titolo al libro, la narratrice si lamenta della propria mancanza di volontà e dell’attacco alla sua identità ora che è stata “giudicata troppo vecchia per vivere da sola”. Quando le viene la tosse e suo figlio minaccia di sbarazzarsi del suo vecchio e amatissimo gatto siamese in seguito alla diagnosi sbagliata di un medico, la donna paragona questo grave passo falso agli aspetti negativi della vita dopo i sessantacinque anni: “Un processo di espropriazione, di diritti, di rispetto, di desiderio”. La voce di Jane Campbell – e le sue sagge intuizioni sull’emancipazione femminile, sull’abbracciare i propri anni e sul sentirsi considerati a prescindere dall’età – è una voce che vale la pena ascoltare.
Alexis Burling, San Francisco Chronicle

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Questo articolo è uscito sul numero 1510 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati