I Mandy, Indiana non fanno musica che si definirebbe graziosa, ma basandosi sulla prima canzone del loro album di debutto, I’ve seen a way è facile ottenere un’impressione diversa. Il brano Love theme (4K VHS) è stupendo in modo ingannevole, privo d’insidie, con lampi di sintetizzatori e atmosfere cinematografiche. Ma è un momento che non si ripete mai nel corso dell’album. Questa musica travolgente demolisce il modello del rock convenzionale a base di chitarra, basso e batteria, però senza mettere da parte questi strumenti. In I’ve seen a way sono presenti sia la chitarra sia la batteria (alcune parti sono state registrate in una grotta), ma questi strumenti suonano alieni e antagonisti. Come ha detto Valentine Caulfield, la cantante di origine francese del trio di Manchester, “non è il tipo di musica da ascoltare la domenica mattina”. I testi di Caulfield, cantati o urlati in francese, sono alimentati da indignazione e ansia. Nelle undici canzoni di questo esordio lo spirito di sperimentazione è innegabile. Anche se gran parte di quello che i Mandy, Indiana creano in I’ve seen a way è cacofonico o rumoroso, non è mai rozzo o primitivo. Anche il noise rock della durata di 59 secondi di Mosaick ha una certa grazia nei suoi rintocchi di feed­back. I Mandy, Indiana lanciano un urlo primordiale attraverso vie estetiche complesse.
Jeff Terich, Treblezine

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Questo articolo è uscito sul numero 1513 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati