Vaddey Ratner (Kristina Sherk)

Vaddey Ratner chiama “movimento” ognuna delle tre parti del suo secondo romanzo. E in effetti la storia del ritorno in patria di una rifugiata cambogiana orfana eleva le emozioni come una sinfonia. Musica dei fantasmi è un gesto estetico simile al suono lamentoso che la protagonista, Suteera, sente nel terzo movimento del romanzo mentre cammina in una foresta vicino agli antichi templi di Angkor. In una radura remota, trova un improbabile ensemble, le vittime delle mine antiuomo: un uomo cieco, un pescatore, un amputato, un ex insorto dei khmer rossi e un ex soldato del governo, rivali in un’altra vita ora uniti nel fare musica ultraterrena. Lo strumento a tre corde, il cui lamento ossessiona Suteera, ha solo una corda che funziona ancora. Sia i musicisti sia i loro strumenti sono rotti, sfigurati, eppure creano un’arte affascinante. Ma suscitano anche un ricordo inquietante. Una volta, proprio in quella regione, Suteera aveva sentito il fremito di una corda pizzicata in mezzo alla natura. Allora lei e sua zia stavano fuggendo dalla Cambogia attraverso una risaia abbandonata seminata di cadaveri e mine. Gli altri familiari erano morti, tranne il padre, di cui non conosceva il destino. Poco prima che una mina esplodesse, uccidendo la maggior parte del gruppo in fuga, sentirono un suono simile a un liuto. Poco dopo, Suteera credette di averlo sentito di nuovo. Ma quando lo disse al loro rapitore diventato salvatore, il soldato dei khmer rossi che li aveva guidati oltre il confine tailandese, lui la liquidò come un’allucinazione. “Qui fuori”, dichiarò, “c’è solo la musica dei fantasmi”. Echi del genere perseguitano il viaggio di Suteera dalla sua casa di Minneapolis verso il tempio buddista in cui suo padre era stato cresciuto dai monaci. Ufficialmente è lì per spargere le ceneri della zia, ma è stata attirata da una lettera di un uomo che si fa chiamare Vecchio Musicista. Mentre il romanzo passa dal passato al presente, dalla prospettiva di Suteera a quella del Vecchio Musicista, emerge un’altra serie di strumenti , gemelli oscuri di quelli musicali: cavi elettrici, pinze metalliche, una corda, tutti appesi alla parete della prigione. Musica dei fantasmi è opera di una scrittrice segnata dalla guerra, ma capace di trovare poesia anche in paesaggi brutali.
Gaiutra Bahadur, The New York Times

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Questo articolo è uscito sul numero 1518 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati