Per Israele gli attacchi al campo profughi di Jenin – la più grande operazione militare degli ultimi vent’anni nella Cisgiordania occupata – sono stati un intervento limitato di pochi giorni. È una magra consolazione per le migliaia di persone in fuga dalla violenza. Secondo il ministero della sanità palestinese almeno dodici persone sono morte e cento sono rimaste ferite. L’idea di un’offensiva di breve durata è comunque fuorviante. Voleva essere una dimostrazione di forza dopo i recenti attacchi ai coloni e la resistenza inaspettatamente forte a un precedente raid militare. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha detto che è stato un attacco contro un “rifugio per terroristi” e “persone che avrebbero annientato” Israele. È solo l’ultima e più forte delle incursioni su Jenin, e alimenterà la violenza. Il 4 luglio un palestinese della Cisgiordania ha ferito almeno sette persone a Tel Aviv in un attacco con un’auto e un coltello, poi è stato ucciso.

Il 2022 è stato l’anno peggiore in Cisgiordania da quando nel 2005 l’Onu documenta i morti a causa delle violenze. Almeno 150 palestinesi – fra cui 33 bambini – sono stati uccisi dalle forze israeliane e almeno due dai coloni. Dieci israeliani, tra cui cinque coloni, sono stati uccisi dai palestinesi. Queste cifre sono già state superate nella prima metà di quest’anno.

Gli abitanti del campo profughi di Jenin sono i figli e i nipoti di chi nel 1948 perse le sue terre per mano del nuovo stato d’Israele. Un processo di pace è sempre più lontano, senza parlare del destino dello stato palestinese. Intralciata e indebolita da Israele, l’Autorità Nazionale Palestinese appare corrotta, antidemocratica e inefficiente alle persone che formalmente rappresenta. Molti la considerano poco più che un corpo di sicurezza privato dello stato israeliano.

Intanto, il governo di estrema destra israeliano sta annettendo la Cisgiordania, trasformando l’occupazione militare in una civile. Netanyahu ha rafforzato i politici di destra. Oggi, mentre è accusato di corruzione e tenta di far approvare una riforma antidemocratica della giustizia, cerca anche di compiacere gli alleati estremisti. Questo succede nell’indifferenza internazionale. Con un impegno così limitato per fermare la violenza, le forze scatenate da Netanyahu minacciano di divampare senza controllo. E le conseguenze si sentiranno per mesi o anni. Non giorni. ◆ fdl

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Questo articolo è uscito sul numero 1519 di Internazionale, a pagina 19. Compra questo numero | Abbonati