Brenda Navarro (Alberto Cristofari, A3/Contrasto)

Cenere in bocca è un romanzo che resiste a un certo tipo di consumo librario, in particolare a quello che riduce i libri all’argomento di cui parlano. In questo caso: migrazione, xenofobia, sfruttamento del lavoro, violenza, corruzione, femminismo. Il tutto all’interno della storia di una famiglia disastrata costretta a migrare dal Messico alla Spagna e poi a fare i conti con il ritorno in un paese in via di decomposizione. I personaggi del romanzo sono in vario modo legati a questi temi, e accompagnano la protagonista nel raccontare il suicidio del fratello, la lontananza dalla madre, le poche e mal pagate alternative di lavoro che trova come immigrata, il brutale ritorno in Messico. Il libro, tuttavia, non è solo una rassegna di temi rilevanti per il mondo in cui viviamo. Cenere in bocca combina molto bene l’aspetto contenutistico (la dissoluzione dei legami affettivi di una famiglia che cerca di far fronte allo sfruttamento e al razzismo che subisce quotidianamente) con un modo di narrare che rifiuta il melodramma e il sentimentalismo. In effetti, l’aspetto più riuscito di questo romanzo è la sottigliezza con cui presenta l’impossibilità di comunicare l’esperienza dell’immigrazione – la dissoluzione dell’identità in un luogo straniero, il dolore della non appartenenza, la discriminazione, la perdita, l’abbandono – e decide di non ridurla a una compilazione di luoghi comuni facilmente digeribili. Per esempio: leggete il romanzo e contate quante volte i personaggi schioccano la bocca invece di dire qualcosa. In quello schiocco, in quel rumore, è contenuta l’idea centrale del libro. Questo non vuol dire che non ci siano momenti in cui i personaggi parlano esplicitamente di ciò che pensano o sentono. Il punto è che, anche quando ci sono, è chiaro che la complessità della costruzione artistica di Brenda Navarro consiste più nel nascondere che nel mostrare, come se la narrazione fosse tesa fino ad arrivare, di nuovo, allo schiocco della bocca. Cenere in bocca è una riflessione su tutto ciò che si accumula nella perdita e nel lutto e sull’impossibilità di liberarsi di quel peso che ci accompagna per lungo tempo.
Jorge Téllez, Gatopardo

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Questo articolo è uscito sul numero 1536 di Internazionale, a pagina 89. Compra questo numero | Abbonati