Nell’originale tedesco questo romanzo s’intitola Vati, “papà”, un titolo fragile e quasi respingente per 172 pagine di tenerezza e amore. Se nel precedente romanzo, I Moosbrugger, Helfer si è occupata soprattutto della madre, ora si rivolge al padre, un uomo tranquillo fortemente segnato dalla guerra. Figlio illegittimo di una cameriera povera, riesce ad andare al liceo grazie all’aiuto di un notabile del suo paese. Come molti ragazzi della sua età viene spedito sul fronte orientale. Tornerà dalla Russia con una gamba sola. Avrebbe voluto studiare scienze, magari chimica, ma non ha potuto farlo a causa degli sconvolgimenti successivi al 1945. Allora diventa amministratore di una casa di riposo per vittime di guerra. Per i suoi figli questo significa idillio montano e isolamento. La pace dei monti però si spezza e finisce in tragedia. Raccontando la vita di Josef Helfer mette insieme frammenti del presente, flashback e digressioni. E la sua tristezza rimane leggera, quasi modesta.
Cathrin Kahlweit, Süddeutsche Zeitung

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Questo articolo è uscito sul numero 1553 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati