Timothée Chalamet potrebbe sembrare un po’ troppo anodino per interpretare un dirompente affabulatore come Bob Dylan. Eppure nel godibile e orecchiabile A complete unknown l’attore si dimostra un ottimo conduttore. Come per le migliori cover band, è la forza della musica e del suo autore a farti guadagnare la pagnotta. Ci sono così tanti Dylan – poeta, profeta, genio perduto e ritrovato – che sceglierne uno può essere controproducente e così A complete unknown, fedele al suo titolo, non ci prova neanche. Invece ci offre Bob the Enigma, un misterioso indovino calato da un altro universo (il Minnesota) in aiuto di un mondo bisognoso. Il film si concentra sui quattro anni che culminano nel Newport folk festival del 1965 e il sisma musicale che scatenò. L’inizio, con l’arrivo di Dylan a New York, non è felicissimo: l’agiografia può essere pericolosa. Le cose migliorano quando Bob trova il suo posto nella vivace scena folk della città, e lui e il film trovano un ritmo fluido. Non piacerà neanche ai puristi dylaniani. La sorpresa più piacevole del film (e il motivo per cui funziona bene) è proprio perché, anche se costruisce un mondo realistico e dettagliato, non cerca di abbellire Dylan né di renderlo comprensibile. Il suo genio rimane sconosciuto, così come la sua storia. Potrebbe essere Gesù, Giuda o tutti e due.
Manohla Dargis, The New York Times
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Questo articolo è uscito sul numero 1598 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati