Funchal, Portogallo (Richard Baker, In Pictures/Getty)

In Portogallo il tasso di povertà (la percentuale di abitanti che vivono con meno di 632 euro al mese) e quello di disuguaglianza continuano a migliorare. Tra il 2022 e il 2023 il tasso di povertà è passato dal 17 al 16,6 per cento, mentre la disuguaglianza, misurata con il coefficiente di Gini (un indice che varia da 0 a 1, con 0 che indica la perfetta uguaglianza dei redditi e 1 la massima disuguaglianza), è scesa da 0,34 a 0,32. Nel 1994 il tasso di povertà era del 23 per cento, pari a 2,3 milioni di persone; oggi si trovano in queste condizioni 1,8 milioni di abitanti. Questi risultati sono dovuti alla crescita economica, ma anche all’introduzione di misure pubbliche di sostegno ai più deboli, come l’aumento del salario minimo nazionale, il Complemento solidário para idosos (Csi, un’integrazione al reddito degli anziani più poveri) e varie altre forme di aiuto per i giovani e le famiglie. Ma nonostante i dati incoraggianti, spiega il settimanale Visão, il Portogallo resta uno dei paesi dell’Unione europea più disuguali: è quarto dietro la Bulgaria, la Lituania e la Lettonia, con circa 2,1 milioni di persone (un quinto della popolazione) che vivono in condizioni di povertà o di esclusione sociale, cioè cittadini che non possono godere degli stessi benefici e opportunità di tutti gli altri. All’interno del paese la regione più disuguale è quella delle Azzorre, che presentano un coefficiente di Gini pari a 0,34, quasi due punti percentuali in più della media nazionale. Poi c’è la regione della Grande Lisboa, con un coefficiente di 0,33. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1598 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati