Sono quasi le 18.30 e la sua ragazza vuole sapere quando tornerà finalmente a casa. Casa è a Eitorf, una cittadina vicino a Bonn. Habib I., un bulgaro di trent’anni, si trova su una piazzola autostradale a circa trecento chilometri di distanza. Solo qualche ora prima ha detto alla ragazza che doveva ancora finire una cosa. Quando?, incalza lei. Prima di mezzanotte, risponde lui, se tutto andrà bene. Poi Habib le fa una promessa che molti altri hanno fatto prima di lui: questa è l’ultima volta. Ma la ragazza lo conosce. Sì, certo, ora dice così. Ma tempo cinque mesi e avrà ricominciato.

Cinque? Non è passato neanche un mese prima che Habib fosse nuovamente coinvolto in un carico di cocaina, stando ai rapporti della polizia. Rapporti che parlano eufemisticamente di “narcotici in quantità non irrilevanti”. A quanto s’intuisce da intercettazioni telefoniche e immagini delle telecamere di sorveglianza sarebbe il carico di cocaina più grande mai entrato in Germania: 35,5 tonnellate. Valore allo spaccio: 2,6 miliardi di euro. Una montagna bianca così grande in Europa non si era mai vista prima, ma probabilmente è solo la punta di un iceberg. Gli investigatori sono sicuri di non averne tracciato i confini neanche lontanamente.

A giugno del 2024, dopo quasi un anno di indagini, le autorità hanno arrestato sette persone, tra cui Habib. I procuratori di Düsseldorf lo considerano un elemento chiave della banda che ha portato il traffico di cocaina a un livello mai raggiunto prima. Habib aveva il compito di scaricare la sostanza dai container una volta arrivati nel porto di Amburgo dal Sudamerica.

Lo stesso ruolo che ha anche il 17 agosto 2023, quando promette alla sua ragazza che uscirà dal giro. Quel giorno un camion con al suo interno un container esce dal porto imboccando l’autostrada verso Brema seguito da una Mercedes, presumibilmente guidata da Habib. Stando alla bolla d’accompagnamento il container è pieno di legname tropicale, materiale di pregio destinato alla costruzione di yacht e ville. Un dato che rende ancora più strano il fatto che il convoglio si fermi in una fattoria ai margini del paesino di Kuhstedt, un casolare abbandonato e fatiscente.

Lì cinque uomini sono pronti a portare il legno in un fienile. Un sesto invece è in Renania e aspetta notizie su un altro carico che dovrebbe trovarsi all’interno del container: è Ümit D., trentanove anni, ritenuto il capo della banda in Germania. Alle 21.08 gli uomini hanno visto abbastanza: niente cocaina, nemmeno un grammo. Richiudono il container. Intanto Ümit, che è sorvegliato dalla polizia, parcheggia la sua Bmw, scende e cammina avanti e indietro nel parcheggio di un McDonald’s, urlando al telefono. Forse in quel momento sta realizzando che quella mattina al porto gli agenti della dogana hanno controllato il container e confiscato la merce. Non un paio di chilogrammi né un paio di quintali. Lì dentro dovevano esserci 7,2 tonnellate di cocaina, per un valore di centinaia di milioni di euro. Droga e soldi spariti nel nulla.

Oggi Ümit è dietro le sbarre in attesa del processo. La ragazza di Habib non deve più chiedersi a che ora tornerà a casa il fidanzato: non sarà prima di mezzanotte, e nemmeno dopo. Potrebbero volerci un paio d’anni.

Trentacinque tonnellate e mezza: è tanta cocaina che nemmeno un autotreno potrebbe contenerla tutta. È tanta che sembrerebbe logico supporre che sia un’eccezione. Una quantità senza precedenti. E invece 35,5 tonnellate è il nuovo standard nel traffico di cocaina. I numeri crescono vertiginosamente.

“Le partite di cocaina che arrivano oggi sarebbero state inimmaginabili cinque o dieci anni fa”, dice Oliver Erdmann, fino a poco tempo fa capo investigatore antidroga della polizia criminale di Amburgo. Il suo collega della dogana Michael Schrader racconta di quando trovarono settecento chili nascosti in un container pieno di rottami di metallo. Era il 2017 e la stampa si buttò sulla notizia. Oggi perfino la scoperta di una tonnellata di cocaina non merita più di un trafiletto sul quotidiano locale. Tredici righe a pagina sette.

Cocaina sequestrata nel porto di Amburgo, 27 settembre 2024  (Marcus Brandt, Dpa/Getty)

Nel 2013 le autorità tedesche avevano sequestrato in tutto una tonnellata di cocaina, cinque nel 2016, dieci nel 2019 e poi venti nel 2022. Nel 2024 sono state 43 tonnellate. Gli investigatori stimano che nel migliore dei casi riescano a intercettare il 30 per cento dei carichi, ma potrebbe essere anche il 10 per cento. In altre parole più ne scoprono, più gliene sfuggono dalle mani. Altrimenti come si spiegherebbe che, nonostante i sequestri record, il prezzo allo spaccio sia stabile? Il livello di purezza non è calato e l’offerta continua a essere sostenuta dalla domanda.

Campanelli d’allarme

“La situazione è drammatica. In sud e centro America si produce più cocaina che mai”, denuncia Catherine de Bolle, capo dell’ufficio europeo di polizia Europol. Oltre ad Amburgo, De Bolle controlla anche gli altri due maggiori porti europei per il contrabbando di cocaina: Rotterdam e Anversa. Lì nel 2023 ne sono state scoperte in totale centosettantacinque tonnellate, molto più che nel porto di Amburgo. Ma la quantità di sequestrata a Rotterdam e Anversa è aumentata di poco meno del 10 per cento tra il 2022 e il 2023. Ad Amburgo l’aumento è stato del 500 per cento, da sei tonnellate a trentacinque. Per gli investigatori tedeschi è suonato il campanello d’allarme.

La situazione in Germania è precipitata perché a Rotterdam e Anversa sono aumentati i controlli? Perché i trafficanti cercano sempre le strade meno complicate e quella che passa per Amburgo è diventata la loro nuova rotta preferita? Gli investigatori come Erdmann non riescono più a vederci chiaro, da quando i megaritrovamenti hanno distorto il quadro. Certo è che gli ultimi rapporti sul narcotraffico dell’ufficio federale della polizia criminale fanno pensare che le cose stiano proprio così: lo scorso anno in Germania i casi come quello delle 35 tonnellate, in cui sono stati sequestrati “narcotici in quantità non irrilevanti”, sono aumentati del 25 per cento.

A lungo i politici e l’opinione pubblica hanno ignorato la situazione. Quando si parlava di droghe la cocaina sembrava il male minore: illegale, certo, ma in qualche modo anche esclusiva.

Inoltre, prima che apparisse nelle strade della Germania la sua versione più economica, il crack, che si fuma e dà una fortissima dipendenza, la cocaina non sembrava produrre miseria diffusa. E anche le morti erano rare. Per dirla con cinismo: erano un numero che la società poteva tollerare. E dunque anche i politici.

Ora due fattori hanno cambiato la situazione: prima di tutto le enormi quantità che arrivano e sono consumate. Mai prima d’ora era stata sniffata tanta cocaina. In quarantanove città europee su settantadue esaminate le tracce di cocaina nelle acque reflue sono aumentate, e solo in dieci sono diminuite. Oggi sono gli studenti a fare uso di cocaina, ma anche gli idraulici, i muratori e gli agenti di polizia. Non è più la droga dell’alta società. Una striscia costa sei o sette euro: la coca è diventata la droga di tutti i giorni per le masse, per tutti quelli che vogliono sbarazzarsi delle proprie ansie o dare una spinta alle proprie prestazioni. Ci vorrà qualche anno prima che le conseguenze si manifestino: chi fa uso di cocaina va incontro a un rischio più alto di infarti.

Il segnale d’allarme che ha cambiato tutto è il livello di brutalità raggiunto dalle bande di trafficanti, in particolare in Belgio e nei Paesi Bassi, che ormai non si tirano indietro davanti a omicidi su commissione, attentati, sparatorie da auto in corsa e altro. Un ministro della giustizia belga ha rischiato di essere rapito dalla mafia della cocaina. La figlia del re olandese ha dovuto abbandonare i suoi studi ad Amsterdam perché minacciata dalle bande di trafficanti. Un famoso giornalista televisivo olandese è stato ucciso da una pallottola in testa. Le strade si sono riempite di sangue, non solo dei criminali ma anche di passanti capitati nel posto sbagliato al momento sbagliato. E dietro tutti gli attacchi c’è un assoluto disprezzo per la polizia, la giustizia, lo stato. Tutto questo ha scosso l’Europa dal suo torpore e ha chiarito che la cocaina è al centro della scena, ma la posta in gioco potrebbe essere molto più alta: l’ascesa dell’oscuro potere della criminalità organizzata.

Chi vuole trasportare enormi quantità di cocaina dal Sudamerica all’Europa ha bisogno di container e di buone storie

La si può immaginare come una piovra gigante con molti tentacoli. Ci sono i trafficanti di persone, di armi, quelli specializzati nell’aprire i bancomat con gli esplosivi. Ci sono i truffatori che prendono di mira con email di phishing, i falsi negozi online e le storie del “nipote” improvvisamente bloccato in una città straniera con urgente bisogno di contante. Ci sono bande specializzate nel furto di auto e altre nel furto di pezzi di ricambio per auto. E molto, molto altro ancora. I loro stratagemmi sono tutti ben organizzati, mirati e molto redditizi. La criminalità organizzata, ovviamente, può anche infiltrarsi in una società senza droga, minando le sue regole e distruggendo l’economia legale con il denaro riciclato. L’ufficio federale della polizia criminale tedesca stima che nel 2023 ci siano stati danni all’economia per 2,7 miliardi di euro, più del doppio rispetto al 2022.

Difficilmente si può trovare un’attività più adatta del narcotraffico alla criminalità organizzata. L’anno scorso il 41 per cento circa dei processi a carico della criminalità organizzata era per traffico di droga: molto più di qualsiasi altro reato. Le droghe sono facili da trasportare e da definire. E, allo stesso tempo, molto complesse. La merce deve arrivare in strada dalle piantagioni o dai laboratori, e spesso tra il luogo di produzione e di spaccio c’è mezzo mondo di distanza. I soldi, nel frattempo, devono essere riciclati e investiti in settori tipo l’immobiliare, aziende e articoli di lusso. Nessuno può fare tutto da solo: servono specialisti, molti specialisti. Questo significa che dove c’è la droga ci sono i cartelli della droga. Cioè criminalità organizzata, attirata dagli elevatissimi margini di profitto. E i margini più alti di tutti si hanno con il traffico di cocaina: un pacco da un chilo di cocaina spedito dalla Colombia o dal Perù costa circa tremila dollari e ne vale 80mila quando viene rivenduto in Germania.

Se le sostanze illecite sono il motore della criminalità organizzata, la cocaina è la sua benzina migliore. Quella che consente alla macchina criminale di girare alla massima velocità. Ma è anche l’affare in cui le persone coinvolte perdono più rapidamente il controllo, come ha dimostrato la situazione nei Paesi Bassi. “Più soldi, più violenza” è una regola delle indagini criminali. E le guerre per la cocaina nelle strade di Amsterdam e Rotterdam sembrano più che mai confermarla.

Una stanza per le torture in un container a Wouwse Plantage, nei Paesi Bassi, giugno 2020 (Politie Landelijke Eenheid)

Da questa guerra si è capito che i cartelli della droga vivono nel loro mondo e seguono le loro leggi, leggi della giungla in base alle quali prendono tutto quello che possono sfruttando le lacune dello stato. Le bande sfidano le leggi della società civile a colpi di capitalismo sfrenato e di brutalità. Non fanno accordi, agiscono, cioè ricattano, torturano e uccidono. Solo un terzo delle bande, stando ai dati di Europol, pensa ancora che il sangue danneggi le attività clandestine. E in questo mondo spesso la violenza è estrema.

Le sirene d’allarme ormai le hanno sentite in tutta l’Unione europea. Nessuno vuole che la situazione olandese diventi la nuova normalità. “Abbiamo messo questa faccenda tra le priorità in quasi tutti i paesi europei”, dice De Bolle. “I politici non possono più chiudere gli occhi davanti agli enormi danni provocati dalla criminalità organizzata”.

La domanda è se non sia troppo tardi. I cartelli possono essere riportati sotto controllo? La partita da 35 tonnellate dimostra chiaramente che in Germania il potere delle bande di trafficanti sta crescendo; altre prove sono il rapimento di una coppia compiuto dalla criminalità olandese nella regione della Ruhr e i tredici attentati avvenuti in Renania, che potrebbero essere legati al narcotraffico. “È chiaro che la situazione ha raggiunto un punto critico”, dice un alto ufficiale. Qualcuno parla pure di un “punto di svolta”. Il momento in cui le bande cominciano a intimidire lo stato e non viceversa.

Per ogni cartello scoperto e ogni criminale catturato ne spuntano di nuovi. Alla mafia non manca la forza lavoro: trovare reclute convinte che sia meglio la criminalità della scuola per conquistare una Mercedes ultimo modello è piuttosto facile. Solo la criminalità organizzata può promettere a questi giovani la vita che sognano. Lo stile da gangster che ammirano nei video di musica rap, la trinità dei narcotrafficanti: auto, donne e droghe. È ancora possibile fermare tutto questo?

La cocaina nascosta in un carico di banane, Lisbona, Portogallo, dicembre 2024 (Horacio Villalobos, Corbis/Getty)

Bande organizzate

La sera in cui Ümit urla al telefono nel parcheggio del McDonald’s, la sera in cui è ormai chiaro che le 7,2 tonnellate di cocaina sono sparite, quella sera Ümit ha appuntamento con una persona che, a quanto sembra, ha già commesso più di un omicidio. Alle 21.30 una Mercedes bianca entra nel parcheggio, ne esce un uomo che è quasi una copia carbone di Ümit: muscoli, spalle larghe, taglio di capelli militare. I due entrano e si siedono a un tavolo per mangiare nel fast food.

Secondo le informazioni della polizia, Ümit e Hami S. facevano parte dell’ormai sciolto ramo locale degli Hells Angels: Hami è il fratello dell’ex capo del gruppo, Kamil, e Ümit era il suo braccio destro. È un ambiente in cui la criminalità organizzata va a braccetto con la violenza organizzata – un tipo molto particolare di violenza. Si sospetta che Kamil abbia torturato alcuni affiliati del gruppo di rango inferiore, le cosiddette “reclute”. Si parla di frustate e di una tortura con gli elettrodi della batteria di un camion che Kamil avrebbe collegato ai testicoli di un affiliato. Uno di quelli che il boss è accusato di aver torturato nello scantinato è stato ritrovato nel maggio 2023 in un parco di Colonia con un colpo di pistola alla testa. Un tipico “omicidio su commissione”, secondo il verdetto di primo grado di un tribunale di Colonia: il sicario rischia l’ergastolo. Quel sicario è Hami: la sera dell’agosto del 2023, quando la partita di cocaina è sparita, doveva incontrare Ümit e poi volare con lui a Istanbul.

Coperture finanziarie

Ümit infatti non è l’ultimo anello della catena. La pista prosegue fino in Turchia. Da lì sono arrivati più volte dei soldi destinati ad aziende tedesche apparentemente controllate da Ümit. Sembra che queste piccole aziende siano state messe in piedi solo per mascherare le partite di coca dal Sudamerica sotto forma di regolare commercio. In altre parole, c’erano molte persone coinvolte, una rete internazionale fatta di fornitori di servizi e finanziatori, con strutture chiare. Un modello oggi tipico dell’industria della cocaina. E il fascicolo del caso delle 35 tonnellate mostra chiaramente come si svolgono queste operazioni.

Un covo di narcotrafficanti scoperto dalla polizia a Malaga, in Spagna, settembre 2022 (Spanish Civil Guard/Anadolu/Getty)

Nel 2017, un cittadino turco ha fondato nella cittadina di Siegburg, nel centro del paese, una compagnia di trasporti chiamata Dp-Log. Non parlava una parola di tedesco, a differenza dell’uomo che subito si è incaricato di registrare l’azienda: Ümit D. Poco meno di un anno più tardi è stato il padre di Ümit ad assumere il controllo della compagnia, con cui il figlio non ha più avuto niente a che fare. Ufficialmente. Gli investigatori sono tuttavia convinti che abbia continuato a tenerne le redini.

Chi vuole trasportare enormi quantità di cocaina dal Sudamerica all’Europa ha bisogno di container e di buone storie. I container servono per il metodo di contrabbando oggi noto come rip-on/rip-off. Prima che la nave parta i contrabbandieri aprono clandestinamente un container pieno di banane o di legname tropicale e ci nascondono la cocaina, che poi verrà tirata fuori in Europa prima che la consegna della merce ufficiale sia completata. Lo svantaggio è che i trafficanti devono individuare il container giusto al porto prima che gli ignari commercianti lo ritirino.

L’altra possibilità è che i trafficanti spediscano autonomamente il container con la cocaina nascosta dentro. Per farlo serve solo una compagnia in Sudamerica che lavori per il cartello della droga e una di copertura in Germania che ordini il legno o le banane, et voilà. La mafia riceve il container di cocaina davanti alla porta di casa o in una fattoria isolata e decrepita come quella di Brema. Questo trucco, tuttavia, funziona solo con una storia di copertura davvero buona. I criminali sanno che al porto non tutti i container vengono controllati per verificare la presenza di sostanze illecite: ad Amburgo la procedura interessa un container su dieci di quelli provenienti dal Sudamerica. Gli agenti della dogana si concentrano sulle consegne che il computer considera sospette. Per esempio nel caso di compagnie che non hanno mai importato prima banane o legname. O che non hanno un sito web. Così i cartelli devono creare una storia intorno alle compagnie che ordinano legname o banane ma che di fatto servono solo a far entrare la cocaina nel paese.

Dp-Log ha cominciato a importare container di legname tropicale nell’agosto 2022, sempre dallo stesso fornitore in Guyana: i container erano cinquantacinque quando è stata scoperta la spedizione di 7,5 tonnellate di cocaina, nell’agosto 2023. I primi container erano probabilmente puliti: spedizioni di prova per vedere se la dogana li avrebbe ispezionati e anche per far credere agli agenti che tutto fosse regolare. Gli investigatori ancora non sanno se il cinquantaseiesimo container sia stato il primo a contenere la droga o solo il primo a essere scoperto.

Minacciare lo stato e i suoi funzionari è ormai quasi una routine nelle operazioni della criminalità organizzata

Di solito i container sono ordinati da aziende di copertura che non hanno una vera attività, delle società di comodo. Queste in genere sono usate dalle startup che hanno fretta di sviluppare la loro idea imprenditoriale e non vogliono perdere tempo con la fondazione di un’azienda. Così comprano una struttura aziendale già pronta e le cambiano nome. Nell’aprile 2023 una di queste aziende ha ordinato un carico di banane, ma in quel container erano presenti anche 1.358 chili di cocaina. Lo schema si è ripetuto nel corso del 2023 e dietro l’ordine c’era ancora una volta una compagnia di comodo. I funzionari doganali di Amburgo hanno chiesto di scansionare il container e per questo un’impresa di logistica lo ha ritirato e si è ripresentata solo diverse ore dopo. A quel punto il container era improvvisamente molto più leggero, probabilmente mancavano diverse tonnellate di cocaina. La scatola nera a bordo del camion avrebbe poi rivelato agli investigatori che il veicolo era rimasto parcheggiato in una fattoria vicino ad Amburgo.

In seguito gli investigatori si sono imbattuti in quelle che probabilmente sono le tre più grandi consegne di cocaina messe a segno dalla banda: 12,5 tonnellate, otto tonnellate e la spedizione di 7,2 tonnellate del 17 agosto 2023. Con un ultimo ritrovamento, 1.648 chilogrammi nel settembre 2023, probabilmente si è davvero arrivati al capitolo finale. Poco prima, Ümit si era sfogato in una telefonata intercettata. “Siamo fottuti! Siamo finiti! È fatta, le nostre madri sono fottute”.

Con pochi mezzi

L’uomo che guida le indagini da una stanza spoglia al quinto piano di un vecchio magazzino al porto di Amburgo è lo stesso Oliver Erdmann che in passato ha lavorato come investigatore antidroga per la polizia criminale della città. Cinquantanove anni, fisico asciutto e atletico, Erdmann ha un viso che dimostra dieci anni di meno. Oggi è il capo esecutivo del centro di sicurezza, un titolo altisonante a cui non corrisponde chissà quale realtà.

Un tunnel-scanner per controllare i container nel porto di Anversa, Belgio, novembre 2021 (Virginie Nguyen, The New York Times/Contrasto)

La lista dei compiti del centro è lunga. È l’unico punto di contatto per tutte le informazioni sul traffico di droga nel porto di Amburgo. Deve raccogliere il più rapidamente possibile tutto quello che le autorità sanno su uno specifico caso e mettere insieme un rapporto mensile sulla droga rinvenuta e sui nuovi trucchi usati dai contrabbandieri. È anche responsabile per la prevenzione, che per ora consiste essenzialmente nel mettere in guardia i lavoratori portuali dai rischi del coinvolgimento con i narcos, che chiedono di essere aiutati a ritrovare la loro merce nel labirinto di container dei terminal. Perché è la coca, dopotutto, che i criminali cercano costantemente. E cercano anche persone disposte, in cambio di soldi, ad aiutarli a trovarla.

Ma la lista di attività da svolgere da parte del centro rivela anche quello che è stato ignorato per anni. Se la mafia naviga nel fiume di denaro che sgorga narcotraffico, gli agenti della dogana lamentano gli ordini dall’alto che impongono di tagliare i mezzi. La desolazione si nota anche nel nuovo centro di sicurezza del porto, sulla carta un fiore all’occhiello. Cinque ufficiali di polizia per i 7,7 milioni di container che di norma arrivano ad Amburgo in un anno.

Erdmann sa che le indagini sulla cocaina hanno i loro limiti, in particolare se rallentano le operazioni portuali. “Il porto è il cuore della città”, afferma. E quel cuore deve pulsare. Più interventi si fanno, più il ritmo rallenta. E se il ritmo rallenta ad Amburgo arriveranno meno container. E questo non se lo augura nemmeno la polizia della città.

Ma anche limitarsi a osservare il passaggio dei container ha il suo prezzo, un prezzo ben noto. A Rotterdam e Anversa ci si è concentrati a lungo quasi esclusivamente sulla competizione con gli altri porti. Più turni, più cifre record in teu (l’unità di misura per il trasporto container). Ma ai Paesi Bassi e al Belgio è costato caro in termini di criminalità. Ora stanno aggiornando i porti con sistemi di videosorveglianza, droni e strumenti mobili di scansione.

La Germania, al contrario, sembra essere ancora all’inizio della curva di apprendimento. “Abbiamo telecamere di sorveglianza nel porto di Amburgo, ma non abbastanza”, afferma Erdmann. “Quando vedo cosa stanno facendo i porti di Rotterdam e Anversa ho l’impressione che qui in Germania interpretiamo con troppa pignoleria le leggi sulla protezione dei dati”. Un agente doganale che ha chiesto di restare anonimo afferma che Rotterdam e Anversa “dal punto di vista tecnico sono nettamente superiori”.

La scansione, per esempio. A Rotterdam ogni terminal dell’isola portuale di Maasvlakte è dotato di uno scanner per i container in arrivo. Otto terminal, otto scanner. Anversa ne ha quindici. Ad Amburgo i doganieri hanno un solo scanner, che si trova fuori dai terminal: in sostanza un invito ai trafficanti a fare in modo che la cocaina scompaia lungo il percorso, come dimostra il caso delle 35 tonnellate sequestrate. E non è l’unico problema: anche se venisse usato tutto il tempo, l’apparecchio sarebbe in grado di scansionare solo 180 container al giorno, dice la fonte interna La domenica, però, è giorno di riposo. E ci sono altri giorni della settimana in cui resta fermo. Può essere usato solo in presenza di un addetto alla protezione dalle radiazioni. Ce ne sono quattro, ma se uno è malato e un altro in ferie, l’impianto resta inattivo. Per quanto riguarda gli scanner mobili, che possono controllare elettronicamente il contenuto dei container che gli passano davanti, ce n’è uno solo, a Lubecca, e serve tutto il nord della Germania.

Disposti a tutto

Non era mai successo che una banda di spacciatori di coca mandasse i suoi scagnozzi ad agire nella totale impunità: giovani folli e indifferenti, disposti a fare qualsiasi cosa nel paese vicino, perfino a sparare o a uccidere. È la manovalanza che la mafia usa per intimidire gli avversari, compreso il suo peggior nemico: lo stato. Un funzionario della dogana di Amburgo racconta che qualche mese fa c’era un uomo che gironzolava intorno alla scala antincendio della sede principale della dogana. Gli è stato chiesto chi fosse e si è capito che era colombiano, poi se ne è andato alla svelta con un sorriso sul volto. Per il doganiere era un avvertimento: vi teniamo d’occhio.

Il luogo dove il 6 luglio 2021 è stato ucciso il giornalista Peter Rudolf de Vries, Amsterdam, Paesi Bassi (Ramon van Flymen, Anp/Afp/Getty)

Le autorità di Bremerhaven hanno segnalato alcune finestre rotte nell’ufficio doganale e un colpo sparato contro un cane antidroga. Minacciare lo stato e i suoi funzionari è ormai quasi una routine nelle operazioni della criminalità organizzata.

Se si guarda al curriculum dei capi delle bande, però, ci sono più omicidi che minacce. Com’è sempre stato. I migliori nemici sono i nemici morti. Nel giugno 2022, per esempio, una banda di narcotrafficanti ha attirato un serbo a Marbella, in Spagna. Volevano prendergli con la forza i soldi che doveva all’organizzazione. Ma quando i criminali hanno dato un’occhiata al suo telefono e hanno capito che lavorava per la polizia lo hanno liquidato con due proiettili.

Nel frattempo in nazioni come i Paesi Bassi e la Svezia gli omicidi non sono più l’ultima risorsa nell’ambiente criminale, ma la prima. A volte, racconta un investigatore di Europol, un omicidio viene eseguito anche se non è strettamente necessario. Gli autori sono soprattutto giovani, convinti che la crudeltà sia la strada giusta. Così diventano brutali. Le bande usano la violenza omicida quasi come se stessero giocando alla Playstation. Chi finora pensava che la Germania fosse diversa dai Paesi Bassi e che certi livelli non sarebbero mai stati raggiunti ora deve ricredersi.

Violenza preventiva

Al quartier generale della polizia di Essen, alle 9.10 del 5 luglio 2024, Fauzi K., un testimone apparso all’improvviso, rilascia la seguente dichiarazione: “Mi trovo in questa villa a Colonia e nello scantinato c’è Ahmad C., nudo e legato. Coperto di sangue per le botte. Poi uno di loro viene da me, Xidir o X1, come viene chiamato, uno dei capi della banda. Mi consegna una pistola e mi dice ‘spara ad Ahmad, così sapremo che possiamo fidarci di te’. Io faccio il duro, “Certo, nessun problema, ma prima mi fumo una sigaretta’ e appena sono fuori comincio a correre più veloce che posso, supero il distributore verso l’autostrada e lì trovo un tipo con il cane che mi presta il suo telefono per fare una chiamata”.

Numeri record
Sequestri di sostanze illecite in Europa, 2022 (Euda)

Il capo del dipartimento investigativo criminale della polizia di Colonia, Michael Esser, descriverà in seguito il caso come “uno dei più difficili” nella storia della polizia del Nordreno-Vestfalia. Un caso che ha rivelato “un livello di violenza mai visto in Germania”. La testimonianza di Fauzi ha aperto il primo squarcio su un catalogo di orrori che fino ad allora si erano visti solo nelle guerre fra trafficanti nei Paesi Bassi. Orrori che ora avvengono nel cuore della Germania, a Colonia. E la mattina della testimonianza di Fauzi la vittima, Ahmad, era ancora nelle mani dei criminali.

Si trattava di una guerra tra bande, delle più crudeli, con tanto di rapimenti, torture e attacchi incendiari, il tutto ripreso in video usati per minacciare e ricattare, stando al fascicolo investigativo. Questa volta non si trattava di cocaina ma di marijuana. I confini tra i due traffici sono fluidi. Dopotutto, il “mocro”, come è chiamata in slang la mafia marocchina nei Paesi Bassi, ha cominciato con l’hashish e la marijuana dalla madrepatria, il Marocco. Riforniva i coffee shop di Amsterdam e Rotterdam e, dato che aveva già i contatti e le rotte, li usava anche per la cocaina. Vale tutto, pur di fare un po’ di contante.

“I narcotrafficanti olandesi non sta arrivando in Germania: è già qui”, avverte Oliver Huth, capo della sezione Nordreno-Vestfalia degli investigatori criminali tedeschi. “E la legalizzazione della cannabis è stata un ulteriore grande invito”. Huth stima che la domanda di cannabis annuale in Germania si aggiri sulle quattrocento tonnellate. La fornitura è ancora prevalentemente nelle mani dei criminali. Finora in Germania c’è solo una manciata di cosiddetti “cannabis social club” i cui soci possono coltivare la cannabis per sé. Troppo pochi di fronte all’entità della domanda. “Il governo tedesco non è riuscito a controllare la produzione di cannabis”, afferma Huth. “Sono ancora delle bande a gestirla”. Huth dice di essere preoccupato per quello che in genere si associa ai soldi in questo tipo di ambiente. La violenza. Anche De Bolle, la direttrice di Europol, non è sorpresa che i metodi feroci usati nei Paesi Bassi abbiano superato il confine con la Germania. La violenza è in ascesa. Perché dovrebbe fermarsi alla frontiera?

Da sapere
Il grande mercato francese

◆ Il parlamento francese sta discutendo un progetto di legge per studiare “l’impatto del narcotraffico e le misure per porvi rimedio”. Come racconta un reportage del New York Times “in Francia, uno dei principali mercati europei per le droghe illegali, cresce la preoccupazione per il traffico di stupefacenti e per la violenza che spesso lo accompagna. Negli ultimi anni il fenomeno è diventato più evidente nelle città di medie e piccole dimensioni, portando insicurezza in luoghi che un tempo sembravano tranquilli e sicuri. ‘Stiamo affrontando un’ondata di cocaina’, afferma il sindaco di Morlaix, 15mila abitanti. Di fronte a quella che è stata definita ‘l’esplosione simultanea’ dell’offerta e della domanda di sostanze illecite, le autorità nazionali stanno studiando proposte per reprimere il contrabbando. I politici conservatori hanno cominciato a prendere di mira i consumatori occasionali, compresi i fumatori di marijuana, accusandoli di sostenere un’industria mortale. Ormai qualsiasi politica contro il narcotraffico non può più limitarsi ai tradizionali punti caldi, come la periferia di Parigi o di Marsiglia, la seconda città più grande della Francia e leggendario bastione del crimine organizzato. Oggi è coinvolta anche la Francia profonda. A maggio un rapporto del senato francese aveva rilevato che ‘l’intensificazione del narcotraffico nelle zone rurali e nelle città di media grandezza, accompagnata da un’esplosione di violenza, a volte fa vivere ai cittadini vere e proprie scene di guerra’. Il paese sembra sull’orlo di una ‘messicanizzazione’, un’espressione che ipotizza la perdita di controllo del governo sulla sicurezza, la corruzione della pubblica amministrazione e l’aumento del numero di vittime”.


Per affrontare la sfida l’ufficio federale della polizia criminale ha recentemente istituito una task force chiamata Sicario, dal titolo di un film sui cartelli messicani. La task force si misura con la questione più urgente: come impedire che gli attentati esplosivi, gli omicidi su commissione e le evasioni osservati in Belgio, nei Paesi Bassi, in Francia e in Svezia arrivino anche in Germania? Già oggi si può dire che il potere delle bande è sostanzialmente illimitato e che le loro armi somigliano sempre di più a un arsenale di guerra: mitragliatrici, bombe a mano, missili anticarro, che non hanno uno scopo solo intimidatorio. “Le inibizioni a non usare queste armi stanno svanendo. Ci aspettano tempi duri”, dice un investigatore.

La lotta dello stato contro la criminalità organizzata legata al narcotraffico è appena cominciata. Ora viene presa sul serio? Di sicuro le bande di trafficanti fanno sul serio e continuano ad armarsi. Stanno usando nuovi telefoni criptati e vari servizi di messaggistica. Usano un telefono per fissare il luogo di un appuntamento e un altro per fissare l’orario, così da complicare le cose per gli investigatori anche se dovessero riuscire ad accedere ai dati di uno dei telefoni.

C’è un’altra novità: sta aumentando il traffico di pasta di cocaina, che la mafia deve solo trasformare in polvere in Europa. Se una partita viene scoperta il danno non è così grave come con il prodotto finito. Le bande si stanno adattando, studiano costantemente il sistema per trovare nuove falle nella sicurezza. Ci sono, per esempio, alcune aziende a cui è consentito portare i container fuori dal porto e immagazzinarli anche prima che siano esaminati dalla dogana. A quanto pare, dietro il ritrovamento delle 35 tonnellate era coinvolta una società di questo tipo.

Le bande cercano inoltre gli anelli deboli degli organi investigativi sperando di infiltrarli, e sembra che ci siano riuscite. Un commissario di polizia di Bonn è indagato per aver usato il suo computer di lavoro per conto della mafia della cocaina. È stato sospeso. Nel 2021, durante una grande operazione contro il traffico di cocaina in Germania – con il ritrovamento di sedici tonnellate nel porto di Amburgo – dodici sospettati sono riusciti a fuggire prima di un raid. Il tribunale distrettuale di Hannover ha ritenuto “plausibile” che potesse esserci una talpa tra gli investigatori.

E lo stato? Prende sul serio la lotta contro la criminalità organizzata? Dovrebbe. “Se non facciamo di più, perderemo la battaglia”, dice De Bolle. E le conseguenze si possono già vedere nel sud e centro America. Qui, dice, “lo stato non ha più il monopolio della violenza”. ◆ nv

Questo articolo è stato scritto da Matthias Bartsch, Jürgen Dahlkamp, ​​Jörg Diehl, Tobias Großekemper, Roman Lehberge, Claas Meyer-Heuer e Ansgar Siemens.

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Questo articolo è uscito sul numero 1600 di Internazionale, a pagina 40. Compra questo numero | Abbonati