L’uomo che gridò sono io segue le vite di due scrittori: il protagonista, Max Reddick, che come Williams è un veterano della seconda guerra mondiale, e un giornalista e romanziere, Harry Ames, che vive in Francia. Il romanzo tentacolare di Williams spazia tra gli anni quaranta e sessanta e si sposta tra Stati Uniti, Europa e Africa, popolato di personaggi che somigliano ad altrettante personalità dell’epoca. James Baldwin appare come Marion Dawes, un personaggio minore che attacca le opere più note di Ames, mentre il ministro Q somiglia a Malcolm X e Paul Durrell ha diversi tratti distintivi di Martin Luther King Jr. Nel 1967, quando questo romanzo a chiave fu pubblicato per la prima volta, non ricevette l’attenzione che meritava. Nonostante oggi sia molto datato, soprattutto nelle questioni di genere, il romanzo è un capolavoro imperfetto della narrativa americana di metà novecento, in cui il protagonista, Reddick, che sta morendo di cancro, si scontra con i suoi contemporanei per farsi riconoscere come uno scrittore serio. Ambizioso e frenetico, L’uomo che gridò sono io è irregolare ma coinvolgente, il suo solitario protagonista a volte è simpatico e a volte antipatico. Quasi anticipando le centinaia di rivolte razziali che hanno sconvolto gli Stati Uniti nell’anno della sua pubblicazione, l’opera sembra confermare l’affermazione di William S. Burroughs secondo cui “a volte la paranoia è semplicemente conoscere a fondo tutti i fatti”.
Douglas Field, The Times Literary Supplement

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Questo articolo è uscito sul numero 1608 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati